Le Memorie Angelino dell'Angelo


Grazie don Giovanni

Grazie a Don Giovanni nominato nuovo parroco di Coccaglio e benvenuto Don Valentino nuovo vicario parrocchiale a Verolanuova

Ispirato all'inserto allegato a: "L'Angelo di Verola" Anno XXVII n° 9 Settembre - 2002


  Sommario

- L’annuncio ufficiale (+V. M. Olmi v.a.)

- Buon lavoro nella vigna del Signore (Don Luigi)

- Un lungo saluto a più voci (Don Giovanni)

- Il C.P.P. ringrazia don Giovanni (M. Bertoni)

- Ci vorrà (I tuoi ragazzi)

- Caro don Giovanni (O.F.S.)

- Don Valentino: un dono del Signore (Don Luigi)

- I have Dream (Don Valentino)

- Benvenuto don Valentino (Un giovane)

- Giochi tra le piume (R. Bonera)

- Programma dell’ingresso a Coccaglio

- Omelia di saluto del 22 Settembre 2002


Don Giovanni nominato parroco di Coccaglio

L’annuncio ufficiale

 La seguente lettera inviata dal Vescovo ausiliare al prevosto, per espresso volere del Vicario Generale della nostra diocesi, è stata letta ai fedeli domenica 28 luglio, nel corso delle sante messe.

Caro Monsignore,
ti scrivo per comunicarti, a nome di Mons. Vescovo, che la notizia di un probabile trasferimento del tuo Curato don Giovanni Gritti si sta per avverare.

Infatti nei giorni scorsi don Giovanni nel suo incontro con il Vescovo si è reso disponibile per avviare l’esperienza pastorale di guida di una Comunità parrocchiale e pertanto Mons. Vescovo lo ha nominato Parroco di Coccaglio.

Come vedi, si tratta di un gesto di stima che viene dato a don Giovanni, a seguito del lungo servizio di Curato svolto per 19 anni in stretta collaborazione con te nella comunità di Verolanuova.

Ritengo che don Giovanni saprà assumere la nuova responsabilità che si rivelerà piuttosto impegnativa, proprio perché, avendola accettata dalle mani del Vescovo, potrà anche contare, più che sulle sue forze, sulla grazia del Signore e vorrà operare animato dallo spirito di servizio e secondo il metodo della comunione con Sacerdoti, Diacono, Consacrati e Laici.

Per questi motivi, nel darne comunicazione ai fedeli, li esorterai alla preghiera, preavvertendoli che a tempo opportuno saranno invitati ad esprimere a don Giovanni i loro sentimenti di gratitudine per la dedizione esemplare con cui si è prodigato nell’azione pastorale tra voi e in particolar modo per l’animazione dell’Oratorio.

Posso poi assicurarti che in tempi brevi Mons. Vescovo ti comunicherà il nome del Sacerdote novello che prenderà il posto di don Giovanni alla guida dell’Oratorio, in modo che si possa iniziare regolarmente l’anno pastorale.

So che già sono in atto la preghiera e l’impegno per la proposta vocazionale.

Desidero però aggiungere una semplice esortazione soprattutto ai Genitori e gli Educatori: poiché siete desiderosi di dare una buona educazione ai vostri figli e alunni, sappiate che ogni vostro sforzo sarà benedetto dal Signore, se saprete collaborare con piena fiducia con Lui, che solo conosce il presente e il futuro e sa parlare al cuore di ciascuno chiamandolo a collaborare nella edificazione del Regno del Padre o come Prete o Diacono, o nella strada della Vita consacrata o del Matrimonio santificato dal suo sacramento.

Ed ora prendo l’occasione per augurarti ogni bene, anche in preparazione del tuo ormai prossimo 50° di Ordinazione sacerdotale.

E, anche a nome di mons. Vescovo, su te e su don Paolo, su don Giovanni, sul suo successore don Valentino e su don Angelo, sui Consacrati e sui Laici, su ciascuno e su tutti, a guida e conforto, invoco la benedizione del Signore.

Cordiali saluti,

Brescia, 25 luglio 2002

 (+Vigilio Mario Olmi v.a.)

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Buon lavoro nella vigna del Signore

Carissimo don Giovanni,
sei il sesto confratello che nel mio quasi trentennale servizio pastorale a Verola accompagno in parrocchia per iniziare la cura pastorale come parroco. Dovrei essere ormai un esperto. Invece non ti nascondo il disagio che vivo mentre stendo questa lettera di commiato e di ringraziamento.

I motivi sono diversi. Qui ne richiamo solo due. Sei oltremodo allergico ad ogni gesto celebrativo che riguarda la tua persona.

E poi sei stato il sacerdote che con la tua presenza a Verola, entrata ormai nel ventesimo anno, hai condiviso più a lungo il mio servizio pastorale di parroco.

Già lo ricordavo nel "mio intervento" in apertura del presente numero dell’Angelo.

Ciò che scrivevo in occasione della nomina di don Franco a parroco di Angolo Terme lo richiamo per te. La tua partenza è motivo di sofferenza per me, per i confratelli e per tutti i verolesi.

Si sa che il prete è al servizio della diocesi e che la permanenza in una parrocchia è sempre temporanea perché legata alle necessità della chiesa locale.

Tutto questo però non impedisce che si creino legami d’amicizia e di affetto soprattutto quando, come ho ricordato, il tempo della tua "ferma" tra noi ha superato i diciannove anni.

Hai servito con amore la comunità parrocchiale e soprattutto hai profuso le tue energie spirituali tra i ragazzi e i giovani.

È una intera generazione verolese che ha fruito del dono della tua dedizione senza limiti e che quindi ti rende testimonianza del bene ricevuto.

Nella catechesi dell’iniziazione cristiana per migliaia di ragazzi e adolescenti hai saputo coinvolgere i giovani-adulti, responsabili e garanti della fede dei figli.

Tutti sono stati testimoni della tua costante presenza "dolce e forte" in Oratorio. Non hai mai conosciuto vacanze per te al di fuori di qualche scampolo di tempo.

I mesi estivi li hai vissuti nelle esperienze indimenticabili dei campi scuola dove tantissimi ragazzi e giovani sono stati avviati alla responsabilità e alla gioia del vivere insieme, serenamente.

Nella tua vita di presbitero, nonostante il preponderante impegno di educatore, non ti sei dimenticato degli anziani, delle persone sole, degli ammalati.

Hai condiviso sempre, con noi sacerdoti, il servizio per coloro che hanno particolare bisogno della "consolazione dello spirito".

Non sarei sincero se non ti dicessi che nella tua dedizione appassionata, sei parso, talora, un poco aspro. Anche questo fa parte della tua personalità che oso definire "agro-dolce". A molti è un sapore che piace...

Domenica 6 ottobre

La parrocchia di Coccaglio ti accoglierà, penso a cuore aperto.Vorrei dirti che ti attendono anche quelli che apparentemente non sono interessati a questo avvenimento.

Tutti infatti sentono il bisogno di qualcuno che voglia loro bene disinteressatamente, senza contropartite.

Il Signore, nella tua persona, rinnova ai fedeli di Coccaglio il dono di un fratello e di un padre che si mette loro accanto per sostenerli nel cammino della vita.

Come già ricordavo ad un altro confratello lo ripeto per te. In questo tempo di dubbi e di sospetti che insidiano anche i buoni e che rendono tutti questuanti di "senso della vita" i tuoi fedeli ti chiedono il dono della Parola, il conforto della Grazia; avvertono la necessità che qualcuno interpreti la loro preghiera, perdoni i peccati nel nome del Signore e ricomponga le tensioni degli spiriti

Continuerai l’opera dei degnissimi parroci che hanno servito Coccaglio e che io ho avuto modo di conoscere e di apprezzare nelle persone degli ultimi tre arcipreti: Don Tonoli, don Tarcisio Festa e don Valentino Bosio.

Don Giovanni carissimo, ti inserisci in una meravigliosa catena di sacerdoti con la ricchezza della tua intelligenza, della tua esperienza accumulata a Verola e soprattutto del tuo spirito e del tuo cuore.

All’inizio del tuo servizio pastorale di parroco la comunità cristiana di Coccaglio, riprendendo il cantico di Zaccaria che cantava la gioia per la nascita del figlio Giovanni, il precursore di Gesù, di cui tu porti il nome, ti saluta e prega: "Benedetto il Signore che si degna di visitare il suo popolo...".

La tua presenza, carissimo arciprete, possa suscitare in tutti la nostalgia di Dio e la tua vita riveli il volto di Cristo con "i sentimenti di bontà, di umiltà,di mansuetudine, di pazienza, di dolcezza e misericordia". (Col. 3, 12-14)

È l’augurio mio e dei confratelli don Angelo, don Gianpaolo, dei verolesi che si accompagna alla preghiera mentre, grati, ti salutano e si uniscono alla gioia della tua nuova famiglia parrocchiale.

A nome di tutti, fraternamente ti abbraccio

Don Luigi


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 Un lungo saluto a più voci

...Da leggere preferibilmente un po’ alla volta; chi avesse fretta o poca voglia di leggere, può passare direttamente alla voce n° 3.

1 - Tra archivio, memoria e cronaca

(la voce del cronista)
di Gritti Giovanni

Durante l’autunno del 1609, nella parrocchia di S. Lorenzo in Palosco veniva a mancare il parroco, il paloschese Marco Publio Fontana, illustre latinista e poeta.

Come s’usava allora - prassi durata fino a pochi decenni orsono - fu indetto un concorso, che consisteva in alcuni esami di teologia, morale e diritto, per la successione alla sede vacante. I concorrenti provenivano da varie parti della Diocesi, come attestano i documenti d’archivio della Cancelleria diocesana: "de Gabiano (l’attuale Borgo S. Giacomo), de Manerbio", ecc.; altri sono classificati come "brixiensis" (cioè, si presume, abitanti della città); cosa singolare, su un totale di otto concorrenti, due figurano "de Virola Alghise": i sacerdoti Giacomo Ferrari (Jacobus de Ferraris) e Pietro Antonio Cremona (Petrus Antonius Cremona).

Vinceva il concorso quest’ultimo, che fu parroco a Palosco per cinque anni, dal 1610 al 1615. Si accendeva così, da parte di Palosco, un debito di riconoscenza nei confronti di Verola; dovevano passare 368 anni, prima che l’oscuro (Palósch al fósch) centro bergamasco tentasse di rendere il debito: il 18 luglio 1983, fresco di ordinazione, avvenuta un mese e mezzo prima per mano di mons. Luigi Morstabilini (bergamasco anch’egli), un tal Giovanni Gritti riceveva dal vescovo Bruno Foresti (un altro bergamasco, ancora! E atalantino, per di più!), da poco insediatosi in diocesi, la nomina a vicario parrocchiale di Verolanuova, con incarico specifico presso l’Oratorio.

Uscendo dal corridoio del Vescovo, il Gritti - don trovò colui che di Verolanuova era parroco - prevosto da otto anni, don Luigi Corrini, ancora felicemente (debiti permettendo) regnante mentre scriviamo: tale risulta l’apprezzamento del suo operato pastorale presso "Quelli di p.za del vescovado" che, a dispetto delle scadenze anagrafiche e canoniche, la sua permanenza è ritenuta, se non proprio indispensabile, certamente molto utile e fruttuosa ancora per qualche tempo. A proposito di apprezzamenti, tali e tanti furono quelli che il detto Prevosto, ora anche monsignore ratione Basilicae, ebbe ad esprimere nei confronti dei suoi confratelli collaboratori, compreso il Nostro, che quest’ultimo s’è trovato bel bello, sulle spalle, il consistente macigno di una parrocchia come Coccaglio (e scusate se è poco). L’interessato, tremando, ringrazia.

Ma torniamo a quel 18 luglio ‘83: il neo nominato curato di Verolanuova, che già conosceva il suo nuovo superiore, ne ricevette l’abbraccio accogliente e paterno, insieme all’invito a recarsi seduta stante a Verola, per fare conoscenza di persone e luoghi, non prima di un pranzetto in canonica, che l’avrebbe detta lunga sullo stile di accoglienza e ospitalità fraterna che il novello ebbe la fortunata e provvidenziale ventura di sperimentare per tutto il tempo successivo. Fu così che, in quell’afoso pomeriggio di luglio avvenne il primo incontro con la Ninì, di venerata memoria, premurosa domestica del Prevosto, con don Franco, don Dino (Cominardi), il caro Gianni sacrista, anch’egli ora già abbracciato dall’eternità, le Suore che allora erano tante in più, la Basilica, l’Oratorio maschile e quello femminile, la Casa Albergo. La conoscenza con don Angelo Quaranta, custode della memoria storica degli ultimi dieci o dodici lustri verolesi, sarebbe avvenuta più tardi, così come quella con i ragazzi, i giovani, gli ammalati, i collaboratori, i genitori.

Sabato 6 agosto, festa della Trasfigurazione, quinto anniversario della morte dell’amato Paolo VI, il curatino, di voce possente armato, ma non per questo con minor trepidazione, nel corso della messa prefestiva, la prima da lui celebrata nella sua parrocchia di destinazione, e la domenica successiva, veniva presentato alla popolazione. Il trasloco ebbe luogo verso metà agosto, periodo del definitivo insediamento, favorito, per quanto riguarda il contatto con fanciulli e ragazzi, dal primo Grest.

Alla maggior parte dei lettori non sono sicuramente noti alcuni retroscena, che l’amore per la storia (!) ci induce ora a rendere noti: 1) come fu che i due (Prevosto e neo - curato) già si conoscevano? 2) Quale fu la reazione di quest’ultimo alla nomina, quando dal labbro del vescovo Bruno uscì quel nome, Verolanuova? 3) Quale la reazione della sua gente?

1) Il primo abboccamento tra i due, allora ignari del lungo tratto di strada comune che li attendeva, l’uno da poco Prevosto a Verola, l’altro ancora spensierato studente di teologia, avvenne in quel di Ponte di Legno, guarda caso intorno a questione di voce e di canto. Ma il contatto più consistente, quasi una profezia, avvenne in p.za S. Pietro, durante il pellegrinaggio diocesano, che restituiva la visita fatta dal Papa a Brescia il settembre dell’anno prima. Ordinato da nemmeno una settimana, il preticello paloschese vi partecipava in ossequio alla prassi che vuole comunque i neo - ordinati in visita alle tombe degli Apostoli e al loro Successore. Con viso alquanto preoccupato e fare trapelato, il suo futuro Prevosto gli si avvicinò e gli chiese: "Te, ma conossèt me?" - "Certo che ‘l conosse!"; udita la risposta dialettale, il dialogo in dialetto proseguì: "Dovresti venire a Verola..."; con la compunzione e lo zelo del neòfita, misticamente tutto dedito all’obbedienza appena promessa nelle mani del Vescovo che l’aveva poc’anzi ordinato, il pretino replicò con timida sicurezza: "Ah, io vado dove mi mandano!". Il fatto è che, dopo un anno di Oratorio senza curato (don Dino Bressanelli era stato nominato parroco nell’82), in seguito ad alcune incresciose vicende, il Prevosto, solertemente preoccupato della cura della gioventù verolese, temeva di rimanere ancora "a piedi"; sebbene non iscritto al pellegrinaggio, perciò, egli, letteralmente, volò da Bergamo a Roma, per "mettere alle strette" il Vescovo Luigi, prima che questi lasciasse definitivamente la Diocesi. Il successivo incontro Corrini - Gritti fu quello nel salone del vescovado, poco sopra descritto.

2) Vuoi perché pochi anni prima era stato "superiore" (dicesi prefetto) di un seminarista verolese, GianBattista Amighetti, poi divenuto sacerdote, vuoi per l’incontro in p.za S. Pietro appena narrato, quando la mattina del 18 luglio il novello sacerdote si trovò nel cortile della curia con i suoi compagni di ordinazione, esprimendo or l’uno or l’altro svariati pronostici sulla destinazione che li stava attendendo, si trovò a pensare e forse anche a dire: "Vedrai che mi mandano a Verolanuova". Cosicché nessun sobbalzo, né del cuore né di qualcos’altro, lo ebbe a cogliere quando la destinazione gli venne annunciata: "Vai a Verolanuova".

3) "Ma come, ti mandano a Verona?", fu l’allarmata telefonica reazione della madre, prontamente rassicurata. Ma il fraintendimento nascondeva la più completa ignoranza, da quelle parti oltre Oglio, dell’esistenza di Verolanuova ("Carneade, chi era costui?"). "Verolanuova... Dov’è?"; c’era anche qualcuno a cui il nome dialettale di Verola (Vèröla, ma da quelle parti la "V" iniziale cade) richiamava, divertito, la vaccinazione antipoliomelitica che veniva praticata sul braccio, all’altezza della spalla, le cui cicatrici biancastre vengono chiamate, appunto "èröle": benedetta medicina e benedetta geografia... Evidentemente i quasi 370 anni trascorsi dal parrocchiato paloschese d’un verolese erano ormai troppi perché fosse possibile ricordare l’esistenza del borgo della Bassa Bresciana.

La presenza del Nostro in quel di Verola si è protratta per diciannove anni, fino ad iniziare il ventesimo, che però non verrà compiuto.

Vista la disparità tra le due permanenze, forse che ora è Verola ad essere in debito con Palosco? Vero è che l’aritmetica non è un’opinione, ma ci sono alcune cose da tenere in conto: a) don Pietro Antonio Cremona fu presente per soli cinque anni (cosa ne fosse poi di lui, non abbiamo avuto modo di indagare), ma egli fu parroco e non semplicemente curato: ben diversa, dunque, la responsabilità, di differente peso il fardello; b) non sappiamo se il Cremona fosse amato, possiamo dire però che se egli, bresciano, sopravvisse per cinque anni in mezzo ai Bergamaschi, non poteva altro che essere un santo; la conseguenza è che non può che aver seminato tanto bene; c) se superò il concorso per diventare parroco, vuol dire che era di sufficiente o buona cultura armato, diversamente dal Nostro, dotato di un miserello diploma magistrale.

Possiamo concludere che, tutto sommato, la partita si conclude in parità: da una parte il numero degli anni, dall’altra la qualità dei meriti creano il bilanciamento. La futilità di questi "conteggi", è in realtà un pretesto per esprimere la speranza di un maggior senso di fraternità tra due comunità non più del tutto ignote l’una all’altra.

Ora si spera che la parrocchia di S. Maria Nascente, in Coccaglio (attenzione alla virgola, che va posta dopo "nascente" e non dopo "Maria", diversamente ne risulterebbe che la Madonna è nata a Coccaglio...: a quella comunità dovrebbe bastare aver dato i natali al "più bel cigno d’Italia", il musicista - ben noto agli "addetti ai lavori" - Luca Marenzio) sia messa in condizione, se non proprio di sentirsi in debito con Palosco, che ha generato il Nostro, e con Verola, che l’ha sacerdotalmente svezzato, almeno di non doversi lamentare troppo con le due suddette comunità a causa di lui, mandando quelle a farsi benedire e quello a spasso sul Montorfano. Speriamo bene.

I lettori de "L’Angelo di Verola" mi scuseranno se mi dilungo, ora, con una seconda e poi con una terza "voce", occupando ulteriore spazio: vi sono abituati, dal momento che, soprattutto ultimamente, ho abbastanza monopolizzato le pagine del nostro mensile di vita parrocchiale. Vi chiedo la carità di portare pazienza ancora per questa volta sola.

Già che ci sono, dirò che il mio modo di intendere un bollettino parrocchiale non è solo quello di uno strumento di informazione - cosa che non deve mancare -, ma anche di formazione, a vari livelli. Questo spiega molte delle pagine che ho scritto o curato in questi anni; ne trovate anche in questo numero: si tratta di articoli che ho consegnato alla pubblicazione per il fatto che, alcuni li avevo già preparati prima di partire per Paspardo e, quindi, prima della mia nomina a parroco; altri riguardano il Camposcuola, del quale comunque mi pare giusto dare conto; poi ci sono queste pagine di saluto.

2 - Carriera?

(la voce del prete)
di don Giovanni Gritti

"Puoi rimanere, devi anzi rimanere, a una condizione: che tu rinunci alla carriera. Se, arrivato all’altare sentirai di non avere altra meta all’infuori di rimanergli fedele, tutto va" (da: Primo Mazzolari, La pieve sull’argine, Bologna 1978, pag. 64).

"Una parrocchia di prestigio", "Un bel salto di carriera", "Ti hanno dato un premio che ti meriti": sono alcune espressioni che m’è capitato di sentirmi dire.

Un prete non fa carriera; non diventa tale con quest’intenzione. L’idea della carriera mi è sempre stata estranea. L’espressione stessa di "carriera ecclesiastica" mi suona come una contraddizione in termini.

Secondo il comune modo di intendere, dovrei sentirmi gratificato: a soli quarantacinque anni, per di più senza aver vinto alcun concorso (diversamente dal don Cremona, di cui alla "voce" precedente) mi viene affidata una parrocchia con più di settemila anime. Io invece tremo. Non ho tentato di sottrarmi a questo incarico solo per un senso di decenza: dopo che avevo insistito perché, in caso di spostamento, fossi avvicinato al mio paese d’origine; dopo che una precedente destinazione che era stata pensata (quale fosse non ho cercato di sapere), in seguito alla mia reiterata richiesta fu riveduta e trasformata nell’attuale, non me la sentivo proprio di recalcitrare per il fatto che la parrocchia ove vengo mandato è troppo grossa per me: la richiesta di avvicinamento era stata accolta, quella di non dover fare, al tempo stesso, il parroco e il curato, pure: non potevo certo pretendere anche di definire il "numero massimo consentito" degli abitanti.

I superiori mi hanno servito a dovere, attestandomi una fiducia che, francamente non m’aspettavo e, davvero, ritengo di non meritare: non posso che esserne loro grato. Ma questa fiducia ora è come una sfida: tentare di non deluderla.

Se per un certo modo di pensare, Coccaglio, come Verolanuova, può significare prestigio, per me significa invece tanto lavoro, una mole di responsabilità la cui dimensione non mi è, per fortuna, ancora del tutto chiara, l’acquisizione di disponibilità e dedizione maggiori di quelle che ho finora esercitato.

Nella Chiesa non si sale di carriera, ma ci si abbassa nel servizio: vedere Gv. 13; non si acquisisce potere, ma responsabilità, per la quale si è sottomessi a tutti: "Il più grande tra voi, sia vostro servo" (Mt. 20, 25-28); non si diventa importanti, perché lo si è già tutti, per il titolo sublime di figli di Dio, che il Signore Gesù ci ha conquistato con la sua Pasqua, e per l’inabitazione dello Spirito santo in noi: di fronte a questi doni, ogni altro titolo di presunta grandezza - ordinazione sacra a parte - è tanto effimero da risultare sciocco, vuota vanità.

Da anni mi trovavo a dire, ogni tanto, che era opportuno un ricambio di presenza in Oratorio, perché vi potesse entrare una ventata di novità. È un bene per tutti: per il prete e per la gente: per quello, perché in tal modo non rischia di fossilizzarsi; per questa, per il fatto che riceve nuovi stimoli, nuove vedute: né migliori, né peggiori, semplicemente, diverse, pur nell’immutabilità della Verità cristiana. Sebbene mi trovassi ancora a mio agio in Oratorio, è da vedere se chi lo frequenta fosse del tutto a suo agio con me. In ogni caso, c’è quella opportuna ventata di novità di cui parlavo poco fa. Dopo quasi vent’anni, tale ventata era, direi, necessaria. Certo che rincresce lasciare, ma anche due genitori devono accettare il necessario "strappo" dei figli che intraprendono la loro strada. L’Oratorio deve riprendere a camminare, e per questo è necessario lo "strappo".

Anche queste considerazioni che, comprensibilmente, non sono note ai più, possono aiutare a meglio comprendere che il mettere le cose in termini di "carriera", "premio" (per che cosa, poi?), "prestigio" è fuori luogo.

Qualunque fosse stata la destinazione, mi ero predisposto, nella preghiera, ad accoglierla, fedele all’obbedienza a suo tempo promessa, non senza esprimere alcune eventuali considerazioni, qualora la situazione le avesse suggerite. Per un insieme di circostanze che non si creano a piacimento, ma capitano, mi trovo mandato a Coccaglio. La Provvidenza mi vuole lì.

Se qualcuno vuole essere contento per me, o vuole esprimere i suoi rallegramenti o, molto meglio, la sua preghiera al Signore, lo faccia, dunque, non perché "sto facendo carriera", sono stato "premiato" e vado in una "parrocchia di prestigio", ma perché mi è offerta una nuova possibilità di amare e offrire me stesso.

3 - Cari Verolesi, grazie! (la voce del cuore)
Cari Verolesi,

sono talmente tante le cose che vi vorrei dire che non so da dove cominciare: c’è, negli occhi della memoria, uno scorrere di tanti, tanti volti di fanciulli, ragazzi, adolescenti e giovani, di genitori incontrati in occasione della formazione collegata alla catechesi dei ragazzi o delle attività estive o ricreative, di anziani e ammalati, di persone entrate nell’eternità. Volti ridenti, sereni, gioiosi, segnati dalla spensieratezza dell’età infantile; volti tristi, preoccupati, marcati dalla sofferenza e dalla fatica.

Chiamandomi al ministero sacro, diaconale e sacerdotale, e volendo che lo esercitassi a Verolanuova, il Signore mi aveva affidato il compito di essere, insieme agli altri sacerdoti, segno della sua presenza, del suo amore premuroso e accogliente.

Lo ringrazio di avermi chiamato ad essere prete e di avermi donato questa Comunità parrocchiale: persone da amare e servire; gli rendo grazie per quanto di buono Egli ha potuto realizzare nei cuori anche per mezzo di me e, nella sua misericordia onnipotente, nonostante me.

Oltre che a Lui, il mio sentimento di riconoscenza è per tutti voi, cari Verolesi, per quanto avete saputo donarmi: secondo i casi, accoglienza, collaborazione, comprensione, affetto e amicizia, fiducia; esempi di dedizione e impegno a favore degli altri nelle rispettive famiglie e nelle tante realtà di volontariato presenti nella Comunità religiosa e civile; apprezzamento e stima, ma anche critiche costruttive e rilievi che mi hanno aiutato a migliorarmi.

Subito, accanto a questo sentimento, affiora il bisogno di chiedere perdono: a Lui e a coloro per i quali, in qualche modo, posso essere stato motivo di scandalo, per quanto di sbagliato posso aver compiuto nei confronti di qualcuno; per le disattenzioni, i bisogni non intuiti, l’aiuto non prestato, la prontezza fiacca, le eventuali offese, gli errori, gli interventi sbagliati, le omissioni...

Al di là di questo, so bene che posso aver suscitato in qualcuno (o in molti) antipatia, sfiducia, risentimenti o, più semplicemente, indifferenza: è impossibile andare a genio a tutti.

In ogni caso, per quasi vent’anni, siete stati, tutti, la Comunità di cui ho fatto parte: una fetta consistente della mia vita, qualunque sarà la sua durata, è trascorsa a Verola. Qui sono arrivato appena ordinato prete: prima "destinazione", il "primo amore che non si scorda mai". Come sarebbe possibile scordare? Dovrei fare alcuni esempi di cose che non si possono dimenticare, ma questo comporterebbe il prolungarsi eccessivo di queste righe: si tratta di ricordi legati a persone e situazioni che porto con me. Mi limito a qualche richiamo generale.

Mi piace ricordare i dodici anni di insegnamento nella nostra Scuola Media (1985-1997), i colleghi, il personale non docente e gli alunni non direttamente appartenenti alla nostra parrocchia che in essa ho incontrato. Anche l’esperienza dei tre anni di insegnamento integrativo di religione alle elementari (le cosiddette "venti mezz’ore") sono state un’esperienza utile, come pure gli incontri periodici con i bambini delle scuole materne e le loro insegnanti.

Gli ammalati: quelli dell’Infermeria, della Casa Albergo e quelli residenti nelle loro case, sempre contenti di incontrare il sacerdote e pronti ad offrire anche per lui e la sua missione pastorale, la loro preghiera e la loro sofferenza.

Quando giunsi qui circa vent’anni or sono, trovai tre comunità religiose: quella delle Suore di Carità di stanza all’Oratorio femminile, e le due delle Suore Operaie, presso l’Asilo Boschetti l’una, nella Casa Albergo e nell’Infermeria l’altra. Spero che presto queste ultime tornino a istituire una loro rappresentanza viva nel paese natale del loro beato Fondatore. Per ovvi motivi, quelle con le quali ho avuto maggiori contatti sono state le suore dell’Oratorio femminile: le superiore sr. Stefanina, sr. Bartolomea, sr. Ida, sr. Emiliana e sr. Emilia, e poi le altre sorelle che non sto a nominare per non effondermi in lunghi elenchi che rischierebbero di risultare manchevoli. Oltre che per la collaborazione, le ringrazio per l’ospitalità pastorale e personale. A proposito di collaborazione, non posso tralasciare un pensiero ai collaboratori e alle collaboratrici della Parrocchia e agli addetti alla sacrestia, in particolare il nostro sacrista e mio personale "organista" Gianbattista.

L’Oratorio: anche i "muri", la struttura, si capisce; ma soprattutto le persone: già le ho sommariamente elencate all’inizio. E poi, le esperienze, le attività sorte grazie all’apporto di alcuni, a dispetto della mia scarsa creatività, carenza della quale ero consapevole fin da quando arrivai qui. Mi sono trovato spesso a fare da "supporto" più che da ideatore. La cosa non mi disturba; rendo invece grazie allo Spirito del Signore che sa distribuire carismi: doni e capacità, supplendo alle carenze dell’uno con le ricchezze dell’altro. Mi disturba invece quando vengono attributi a me meriti altrui.

Non sono mancati problemi, fatiche e "gatte da pelare": tutto serve, se vissuto in unione con il Signore.

Non mancano nemmeno i sogni rimasti nel cassetto, ma di questi ho già parlato su "L’Angelo di Verola" del maggio 2001 (vedi anche il sito internet della nostra Parrocchia).

Ho cercato di fare in modo che l’Oratorio fosse quello che dev’essere, ciò per cui è stato voluto dalla gente di Verola: luogo di educazione umana e cristiana, ambiente di crescita. Il Progetto Educativo dell’Oratorio, ancora da attuare in buona parte, voleva essere un termine di confronto per sapere se si stava camminando sulla giusta strada.

Il mio pensiero riconoscente va a tutti coloro che con me hanno condiviso l’avventura impegnativa ma entusiasmante dell’educare: ai collaboratori e ai catechisti della prim’ora, a quelli che sono rimasti, a quelli che si sono via via avvicendati nel corso degli anni, fino agli attuali, a quelli che, da fruitori sono mano a mano passati al ruolo di collaboratori. Grazie, anche per la pazienza nell’offrire una collaborazione non sempre facile a motivo del mio carattere non sempre facilmente abbordabile.

Penso amorevolmente ai fanciulli, ragazzi, adolescenti e giovani, praticanti o no, che frequentano l’Oratorio e mi hanno offerto un rapporto aperto e franco. Non mi manca il ricordo per coloro che, per i motivi più disparati, non ho più avuto modo incontrare, se non in qualche rara occasione: ho pensato spesso a come avrei potuto fare a cercarli, senza riuscirvi effettivamente.

Nel nostro Oratorio è presente, tra i collaboratori, oltre ad alcuni benemeriti adulti, un bel gruppo affiatato di adolescenti e giovani. Avrei desiderato riuscire a portarli di più alla preghiera (della quale non sono comunque digiuni), per un rapporto personale vivo con il Signore Gesù e una fede saldamente fondata, ricca di slancio apostolico e di apertura anche nei confronti degli altri; le cose possono maturare.

Durante i circa vent’anni della mia permanenza verolese, numerosi giovani hanno scelto la strada da percorrere: il matrimonio per i più - tra questi mi è caro ricordare coloro che mi sono stati collaboratori e quelli che mi hanno desiderato come celebrante -, la consacrazione sacerdotale e religiosa per altri: tre giovani sono arrivati all’altare in questi anni: don Giambattista Amighetti (1987), don Gaetano Fontana (1988; con lui farò parte della medesima Zona VI - Franciacorta), p. Felice Bonini (2001); un altro, Ettore, è felicemente in cammino verso questa meta; nella nostra Basilica ho avuto modo di partecipare alla professione perpetua di sr. Nadia.

Non renderò mai grazie a sufficienza al Signore per il parroco che mi ha dato di trovare e per gli altri confratelli con cui ho collaborato qui a Verolanuova: don Franco, don Francesco, don Giampaolo; penso anche alla presenza preziosa dei due don Angelo: Quaranta e Calegari, oltre ai confratelli della Zona pastorale e agli altri, già menzionati sopra o nelle pagine precedenti.

Di don Giampaolo vorrei possedere la semplicità e la capacità di entrare in dialogo immediato con le persone. Soprattutto alla sua persona è legata l’esperienza delle Diaconie: si tratta di una bella realtà, che ha la possibilità di creare comunione, rendendo presente la parrocchia nelle contrade del nostro paese e facendone una comunità di comunità. Ricordo marcatamente due cose tra le tante legate alle Diaconie: il loro impegno nella preparazione e gestione della Missione del Duemila, con i Centri di Ascolto che ne sono scaturiti; la bellissima festa vissuta per la prima volta il 29 e il 30 giugno scorsi: quanta collaborazione per me insospettata, quanta disponibilità, quanta possibilità di creare fraternità!

Il clima di fraternità e collaborazione che ha sempre caratterizzato i rapporti tra noi sacerdoti è, in gran parte, merito dello stile di don Luigi. Sono il prete con il quale egli s’è trovato a collaborare per il maggior numero di anni; suppongo che lui sarà tale anche per me. Il mio "svezzamento" alla vita sacerdotale è soprattutto opera sua. Fiducia, stima, apprezzamento hanno caratterizzato il suo atteggiamento nei miei confronti, insieme alla pazienza per le intemperanze e le spigolosità del mio carattere, sperimentate, a volte, anche dagli altri miei confratelli. Ho molto di che ringraziare e chiedere scusa; molto da "esportare" a Coccaglio, facendo miei alcuni tratti del suo modo di essere prete: soprattutto il lavoro indefesso, la dedizione oltre le stanchezze e lo stile dei rapporti con i confratelli a lui affiancati come coadiutori. Sarò anch’io nella sua situazione: spero di essere capace di ricambiare nei confratelli che troverò come collaboratori quanto da lui ho ricevuto e imparato. C’è per me un legame speciale con don Luigi, che rimarrà il "mio" parroco.

Anche questa mia lettera di ringraziamento s’è fatta piuttosto lunga: devo chiudere. A tutti coloro che già ho nominato, ai gruppi e alle comunità di formazione cristiana presenti in Parrocchia - in particolare alla "Fraternità S. Chiara" dell’OFS, della quale faccio parte direttamente - ai vari gruppi di volontariato in particolare l’Avis, della quale sono onorato di essere membro; all’Amministrazione Comunale e alle varie realtà legate alla vita civica; a tutta la Comunità di Verolanuova, a tutti voi porgo dal profondo del cuore il mio augurio (= preghiera); esso è rivolto soprattutto a quanti sono toccati dalla sofferenza, alle famiglie, ai ragazzi e ai giovani che, progettando il loro futuro, stanno cercando la vocazione pensata per loro dal Signore.

Al mio posto, il Signore vi dona don Valentino; a lui porgo un augurio sincero (sempre nel senso di preghiera) per un proficuo apostolato. Da quel poco che di lui ho potuto conoscere fino a questo momento, intuisco che non ci vorrà molto tempo perché con lui vi troviate bene e l’Oratorio cammini ancora (e meglio).

Con affetto, per tutti invoco, insieme a quella della B.V. Maria, l’intercessione di s. Lorenzo, dei santi titolari delle nostre Diaconie, dei nostri due concittadini beati: Paola e don Arcangelo.

Tutto questo a lode e gloria del nostro unico e grande Dio, la beata ed eterna Trinità.

Il Signore vi dia pace.

don Giovanni


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Il Consiglio Pastorale Parrocchiale ringrazia don Giovanni

Mi sembra oggi il giorno in cui, per la prima volta, incontrai don Giovanni, novello Sacerdote di ventisei anni, e gli consegnai il primo avviso di convocazione del C.P.P. in maniera piuttosto schiva, come nel mio carattere. Da allora, per ben diciannove anni, il C.P.P. lo ha visto fedele compagno di viaggio, sempre presente, sempre pronto a dare i suoi consigli, a stimolare, talvolta col suo piglio denso, l’assemblea, a spingere i presenti ad esprimere un parere decisivo. Grazie, don Giovanni, per quanto ha fatto per la nostra comunità: in modo precipuo per l’impegno ed il tempo dedicato alla educazione alla fede delle giovani generazioni, alla formazione dei genitori ed educatori ai valori fondamentali del Vangelo di Cristo. Come Direttore dell’Oratorio ha dato vita al Progetto Educativo realizzato puntualmente ogni anno.

L’attività oratoriana da lei messa in campo, è talmente vasta per cui risulta difficile puntualizzare il tutto. Anzitutto la formazione dei catechisti a cui affidare le giovani leve, i ritiri per i giovani, le veglie in cui ha cercato di trasfondere il proprio fervore ed amore alla preghiera, i campiscuola a Paspardo, esperienze indimenticabili per chi vi ha partecipato, il Grest. È stato anche attivo collaboratore dell’ "Angelo" con i suoi articoli, con le sue preghiere proposte mensilmente alla comunità perché potessero essere mezzo di crescita religiosa e culturale. Uomo di prteghiera, sacerdote innamorato di Gesù Eucaristico, fiducioso nell’opera dello Spirito santo. Ma l’attività di don Giovanni non si è limitata al settore oratoriano.

Nessuno può ignorare il contributo dato al settore liturgico, curando la riuscita delle funzioni religiose, in modo particolare animando le messe domenicali dei ragazzi con particolari accorgimenti, con canti fatti in modo che l’assemblea partecipasse in maniera attiva.

La sua passione per la musica, la sua voce baritonale hanno sempre riempito le volte della nostra Basilica.

Si è dedicato alla visita degli ammalati, ha voluto mettere in atto tangibilmente lo spirito di povertà, imitando le direttive del Poverello d’Assisi, dando vita ad un gruppo francescano.

Sono diciannove anni vissuti ad essere l’uomo di Dio. La comunità parrocchiale saluta la sua partenza con grande rincrescimento. Grazie di tutto, don Giovanni. Il C.P.P. la ringrazia per tutto il bene profuso in questo lungo periodo. Con la preghiera renderà grazie a Dio e chiederà che nella nuova parrocchia il messaggio evangelico, che sarà da lei comunicato ai nuovi fedeli, diventi lievito di un’autentica vita cristiana.

Per il C.P.P., la Segretaria

Maria Bertoni


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"Ci vorrà...

"Ci vorrà un po’ di tempo perché riesca ad ambientarmi e sentirmi pienamente inserito in questa comunità della quale ora, per volontà del vescovo, faccio parte; spero che, superato il distacco dal mio paese di origine, riesca a sentirvi al più presto come la mia famiglia, la mia nuova casa".

Queste poche righe sono tratte dal saluto offerto ai verolesi dal novello sacerdote don Giovanni Gritti. Sono passati ben diciannove anni in cui hai svolto il tuo ministero sacerdotale fra noi, nella nostra parrocchia e soprattutto nel nostro oratorio. E quelle mura ne hanno viste e sentite di cose in questi anni: feste, giochi, litigi, preghiere, urla di gioia, di rabbia e tanto altro. Lì, spettatore e coprotagonista di tutto questo c’eri tu, don Giovanni.

Questo vorrebbe essere un ringraziamento e un saluto, potrebbe diventare un lungo libro se ognuno di quelli che si è trovato nel nostro oratorio dal tuo arrivo scrivesse "la sua"; sì, perché ne sono passate di persone, con le loro storie e i loro problemi, e lì si sono incontrate e Lo hanno incontrato.

Un posto incredibile dunque l’oratorio. Tu vi hai lavorato sodo, senza risparmio, cercando di guidare condividendo e non imponendo, integrando attività ludica, educativa e di catechesi vera e propria. "Palestra del corpo e dello spirito": così sta scritto all’ingresso del nostro oratorio dai lontani anni 40’, e tu hai saputo bene raccogliere questa eredità, mantenendolo sempre un ambiente sano, sforzandoti di sostenere anche le attività che più potevano sfuggire al tuo controllo, soprattutto invitando tutti ad un comportamento ed un linguaggio corretto. Questa tua insistenza ti ha sempre caratterizzato, specialmente in un luogo come il bar, da te sempre sostenuto, anche con periodi di volontariato; di questo ti sono grati i ragazzi e gli animatori di qualche anno fa, che ora portano o porteranno con serenità i loro figli in oratorio. Tutto questo con l’aiuto di tante persone che si sono susseguite nel corso degli anni.

La storia di un luogo così, che vive per le persone che lo frequentano, non può che essere incredibile, infatti tante cose tornano alla mente, a partire da esperienze che tu hai voluto offrire a tutti i ragazzi e giovani: il camposcuola e il grest, che tu hai fortemente voluto e sorretto; tanti di noi vi hanno partecipato e ne hanno dei ricordi stupendi. Poi le attività che si svolgono durante l’anno, oltre al catechismo, momenti come la festa della vita, "Stasera Debutto", il carnevale e tante altre. Come dimenticare poi i recital, in particolare "Su ali d’aquila", scritto e diretto interamente da te, dove hai dimostrato di sapere bene cos’è l’oratorio, di cui ricorreva il 50° anniversario.

Abbiamo vissuto anche momenti difficili, come la chiusura per due anni dell’oratorio maschile per i lavori di ristrutturazione dell’edificio: tutti ricordano il disagio dovuto al venir meno di questo punto di riferimento e il tuo impegno per evitare che i ragazzi più o meno grandi si allontanassero trovando altri "lidi". Eppure tu sei riuscito a fare fruttificare questo periodo di "sofferenza" e di attesa, preparando in maniera mirabile l’apertura dell’oratorio, rinnovato sia dal punto di vista strutturale, sia dal punto di vista educativo. Facciamo riferimento alla stesura del P.E.O. (Progetto Educativo Oratorio), che sempre ti è stato a cuore.

Non preuccuparti, questo non vuole essere il ritratto di un santo, e sappiamo che a te farebbe storcere la bocca, ma anche noi non lo siamo, per questo abbiamo saputo accettarci a vicenda.

Tante persone ti ringraziano di cuore per quello che hai fatto: ti ringraziano le innumerevoli coppie di giovani sposi, che si sono conosciute e amate proprio in oratorio, ti ringraziano i giovani che ancora lo frequentano e i bambini che affollano l’oratorio con i loro giochi. Tutti hanno qualcosa da dirti, il loro personale ringraziamento per te, il loro saluto e il loro "in bocca al lupo" per il nuovo difficile compito che ti è stato affidato. Grazie e Ciao.

I tuoi ragazzi di ieri e di oggi


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 Caro Don Giovanni, ...

Il Signore
ti benedica e ti custodisca.
Mostri a te la sua faccia
e abbia di te misericordia.
Volga a te il suo sguardo
e ti dia Pace.

Il Signore
ti benedica.

(S. Francesco d’Assisi)

La fraternità francescana S. Chiara ti ringrazia per aver intrapreso con noi questo cammino di formazione spirituale, guidandoci come nostro punto di riferimento e soccorrendoci sempre nei momenti più difficili, in cui veniva chiesto ad ognuno di noi di mettere alla prova la propria fede. In ogni tappa importante della nostra crescita interiore tu eri sempre al nostro fianco ad indicarci che non ci stavamo sbagliando, ma che davvero, come ha affermato lo stesso S. Bonaventura, "La grazia di Dio, nostro salvatore, in questi ultimi tempi è apparso nel suo servo Francesco, a tutti coloro che sono veramente umili amici della santa povertà".

Attraverso l’esempio di S. Francesco e S. Chiara, tu ci hai aiutato a distinguere "ciò che è prezioso da ciò che è vile".

Per tutto questo noi ti ringraziamo, ma al nostro grazie si accompagna anche una sincera promessa, quella di non distruggere mai l’opera che tu hai portato avanti fino ad oggi, ma di impegnarci a tener viva la spiritualità francescana anche nella nostra Comunità Parrocchiale.

Non possiamo poi dimenticare di manifestarti le nostre più sentite felicitazioni per la nomina di Parroco, augurandoti di vivere sempre con la gioia nel cuore e di trasmetterla a tutti coloro che incontrerai sul tuo cammino.

E non temere se, a volte, qualche nube offuscherà i tuoi passi... continua a sperare, ad avere fiducia in Lui e in coloro che ti sono accanto e soprattutto... Continua ad amare.


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 Don Valentino: un dono del Signore per tutti

Già in apertura del presente numero dell’Angelo ti ho salutato a nome della comunità parrocchiale che ti accoglie nel nome del Signore come segno dell’amore con cui continua a seguirci.

Qui vorrei riprendere, parafrasandole, alcune riflessioni che il Rettore del seminario ha indirizzato alla diocesi presentando i novelli sacerdoti. E le vorrei personalizzare.

Caro don Valentino, noi siamo presi da stupore di fronte ad un giovane come te che sei cresciuto nello stesso ambiente culturale in cui crescono gli altri e hai seguito una vocazione per servire i fratelli nella prospettiva del Vangelo e ti sei deciso a fare questo per tutta la vita impegnando molti anni per orientare le tue energie di mente e cuore preparandoti all’ufficio con la massima disponibilità e competenza.

In parte si spiega questa tua scelta dall’esperienza di fede respirata nella tua bella famiglia e in parrocchia con un cammino lineare, attraverso le tappe dell’infanzia e dell’adolescenza.

Comunque guardando a te si rimane meravigliati mentre si constata come il Signore continua ad accompagnare la Chiesa e le nostre parrocchie provvedendo a donare guide e animatori della fede per tutte le età.

Suscita stupore che il Signore sappia fare di un giovane, attratto dal fascino del mondano, un capolavoro di grazia capace di donarsi per sempre agli altri.

Cari verolesi, la venuta tra noi di don Valentino non possiamo banalizzarla come un fatto normale, un evento dovuto perché c’è da sostituire don Giovanni, ma dobbiamo leggere l’avvenimento come uno dei segni più evidenti della grazia e dell’azione di Dio nella nostra parrocchia.

Dobbiamo sentire il dovere di ringraziare il Signore che nel dono del novello sacerdote accompagna e arricchisce la nostra comunità di benefici straordinari a vantaggio di tutti: bambini, giovani, adulti, anziani e malati.

Don Valentino viene tra noi in un clima socio-religioso profondamente diverso nei confronti di qualche decennio fa.

Fa parte delle avanguardie di quelle forze nuove a cui il Papa e i vescovi fanno appello per "la nuova evangelizzazione in un mondo che cambia".

Per questo sarà chiamato ad avere attenzione in particolare ai ragazzi e ai giovani.

Non vorrei che don Valentino si sentisse quasi a disagio di fronte alle attese e ai compiti che la Chiesa gli affida.

La fede ci garantisce che Gesù risorto è con noi e vorrei sottolineare che è presente in modo particolare in coloro che hanno risposto alla chiamata per essere in prima persona collaboratori nella realizzazione del suo Regno quasi a significare l’aurora di un nuovo giorno.

Per questo, don Valentino, Verolanuova ti apre il cuore,ti accoglie con gioia e prega per te. Fraternamente

Don Luigi


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I have a Dream

Carissimi... sapete una cosa? Sì, una piccola cosa che come una perla mi è stata regalata... Una cosa che sembrerebbe scontata, ripetitiva e magari alla fine una "cosa" come tutte le altre... Ve la dico lo stesso perché quella perla ha cambiato la mia vita e continua a stupirmi: Dio è con noi e ci ama! Ah, ecco... avrei dovuto aspettarmelo.

Sì, ma tu non hai mai avvertito la Sua presenza quando hai il coraggio di restare in silenzio e... pregarLo? Non L’hai mai visto negli occhi delle persone che ami? Nei volti dei bambini, nelle mani di un padre e di una madre, nelle parole di un prete, nel cuore carico di speranza di un giovane? Forse sì, ma ti sembrerà troppo poco, troppo semplicistico per credere in Lui.

Eppure questa è la grande ricchezza di Dio: quella di essere "nelle mani" di tutti... Lui è così vicino da passare inosservato... È come il tuo viso: per vederLo devi specchiarti.

Io sono stato colpito dal Suo sguardo di Padre, uno sguardo che mi ha amato chiamandomi a essere prete e diventare segno del Suo amore. Gesù che mi ha detto "andate in tutto il mondo" (Mc 16, 15) ora mi manda a voi per camminare insieme verso Lui; insieme tenteremo di scoprire quanto è preziosa quella Perla e quanti miracoli

Essa è capace di compiere se accolta nella propria vita.

Solo chi ascolta la Sua Parola e la mette in pratica può entrare nella dinamica misteriosa del suo Amore e rimanervi avvinto... a quanti Lo ascoltano Gesù svela qualcosa della Sua vita.

Ce lo dice lo stesso evangelista Giovanni che attribuisce a Gesù queste parole: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14, 23).

Permettetemi allora di chiedervi fin d’ora un ricordo nella vostra preghiera affinché io tenga gli occhi fissi su Dio, così da essere capace di capire il cuore delle persone che incontrerò.

Sono contento di essere "uno dei vostri", davvero! Sto sperimentando sempre più la provvidenza di Dio come il lievito che dà sapore a ogni giornata: la consapevolezza della vicinanza di Dio in tutte le circostanze è una delle fondamentali esperienze della fede viva...

I have a Dream... la gioia di scoprire Dio come Padre... un sogno racchiuso nel grande Sogno di Dio: l’amore verso tutti, il dono della propria vita.

Lo so. Questo non è un sogno... è già realtà!

Don Valentino


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Benvenuto don Valentino

È trascorso ormai qualche giorno dalla tua nomina a curato di Verolanuova. Con grande gioia ed affetto, ti accogliamo tra di noi come nuovo direttore dell’Oratorio.

Vogliamo esserti vicino nella preghiera in questo momento importante, per questo preghiamo il Signore, che ti ha chiamato al servizio dei fanciulli, dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani nella nostra comunità parrocchiale.

Caro Don Valentino, ci auguriamo che tu possa trovarti bene qui a Verolanuova, devi sapere che ora, per noi giovani, sei un verolese sotto tutti gli aspetti. Sei il nostro nuovo "Don" guida dell’oratorio e dal quale siamo sicuri che impareremo cose nuove.

Collaborando all’intemo dell’oratorio vivremo molte esperienze insieme (il gioco, la preghiera, il catechismo, le attività estive, le feste ma anche i momenti che trascorreremo facendo quattro chiacchere al bar) che ci permetteranno di imparare a conoscerci e soprattutto di aiutarci vicendevolmente. Sono molti i nomi delle persone che conoscerai, noi il tuo nome lo abbiamo già imparato benissimo e ti diciamo: "Ben arrivato don Valentino!!!"

Un giovane per I giovani dell’Oratorio


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Giochi tra le piume

"Tac" ... "Strap" ... "Tac" ... "Strap" ... Come: "M’ama" ... "non m’ama" ... "m’ama" ... "non m’ama" ... nel gioco tenero con i petali della margherita? No di certo.

Con il "tac" e con lo "strap" l’Angelo è alle prese con le piume delle sue ali. Un gioco - si fa per dire - che gli piace.

Quante ne abbia, di piume, anche lui, l’Angelo, forse non sa. Forse. Ma sono tutte DOCG. A partire dal 1674: ogni piuma un marchio con prestigiosa firma ce l’hanno messa quanti si sono posti al suo servizio e, dopo avergliela conficcata nell’ala, con quel "tac, hanno anche assorbito virtù dal suo sangue e sono diventati voce della tromba. Hanno scritto pagine di storia verolese.

Di chi all’ombra dell’Angelo ha chiuso i suoi giorni la piuma è rimasta salda nell’ala. Per coloro che, invece, sono stati chiamati altrove nessun totale "strap" perché la loro piuma s’è sdoppiata: del "tac" dell’arrivo, infatti, l’Angelo ha consentito lo "strap" d’un sosia di quello e chi se n’è andato ne ha fatto prezioso delicato cimelio-ricordo d’un pezzo di storia locale e personale e lievito per un futuro d’amore e di passione.

***

Quanti "don" all’arrivo: "Tac, ecco Angelo mio anche la mia piuma". Ma mica si erano accorti d’averlo fatto; forse strada facendo. Sicuramente accorti se ne sono al momento dello "strap", ritrovandosela fra le mani ma soprattutto ancor più viva nell’animo; la sosia dell’originale, appunto, perché questo, dall’ala dell’Angelo nessuno più la toglierà.

Ci gioca volentieri l’Angelo con questi "tac" e "strap" per uno che arriva ed un altro che se ne va.

Uno "strap" per don Giovanni che dopo diciannove anni vola ad altro lido dopo aver dato ai verolesi cuore mente passione dinamismo volontà innovazioni e voce solenne e tonante a quella tromba che l’Angelo gli ha sempre messo a disposizione. Per lo "strap" di don Giovanni sorridono riconoscenti gli occhi dell’Angelo, la sua tromba gli sussurra, accarezzando timpani e cuore: "Grazie per essere stato con me. Non ti abbandonerò mai perché io sempre ti sarò dentro nonostante tutto".

Un "tac" per don Valentino che arriva in punta di piedi, che ancora non sa quanto l’Angelo abbia atteso la sua piuma per consentirgli nuovi voli. Un "tac" che infoltisce le già spesse piume e lo fa gioire.

***

Chi mai l’avrebbe detto che l’Angelo ci giocasse con questa piume!

... ... ... ... ... ???

Quando si dice... o si pensa... o si crede...! Forse ho avuto le traveggole.

Ora soltanto mi rendo conto che non lui ma gli altri con l’Angelo hanno giocato e lui s’è prestato al gioco. Come va facendo da oltre trecento anni.

Chi nel gioco si diverta di più io non so.

Ma qual privilegio poter giocare tra quelle piume!

Rino Bonera

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Programma dell’ingresso di don Giovanni a Coccaglio il 6 ottobre

A Verolanuova:

ore 15.30: Partenza di un pullman per Coccaglio da piazza della Basilica, a disposizione dei verolesi che intendono partecipare all’ingresso di don Giovanni.

A Coccaglio:

ore 17.30: Accoglienza di don Giovanni, novello arciprete, presso l’Oratorio, con discorso di "Benvenuto" da parte di un giovane e del Sindaco.

Segue: Corteo verso la Chiesa parrocchiale con il rito di immissione in servizio e Concelebrazione Eucaristica.

Dopo la Concelebrazione rinfresco in Oratorio.


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Concelebrazione di saluto

Concelebrazione di saluto alla Comunità
Domenica 22 settembre, ore 18,30

OMELIA DI DON GIOVANNI

 Eravamo al Volano, durante il secondo turno del Camposcuola. Vedevo i volti sereni dei ragazzi, contenti di essere insieme, così, semplicemente, in uno di quei momenti un po’ magici che avevano saputo creare. Li osservavo e pensavo che, per me, era uno degli ultimi momenti con loro; non ci sarei stato più io con loro e non avrei avuto modo di seguire, per quanto ne sono capace, la loro crescita. Pensavo anche: "Però sono in mano tua, Signore: nelle mani più sicure; con loro ci sei Tu, poco importa che ci sia io."

È così: un prete va, un altro viene: Lui rimane sempre. È ciò che conta. Da una comunità si passa ad un’altra e trovi sempre e comunque Lui, da amare e servire nelle persone che incontri.

Lui sempre e comunque, perché in Lui, nel suo infinito Cuore, ci ritroviamo tutti, anche se geograficamente distanti. Lui, perciò, dev’essere al centro della nostra attenzione di questa sera. Il rischio di celebrazioni come questa e come altre in questi giorni è quello di mettere al centro qualcuno —in questo caso io— che non è Lui.

Siete qui in tanti questa sera. Grazie, perché siete qui. Ma è importante che, a quest’ora o ad altre ore, ci siate sempre, anche le altre domeniche: a cercare Lui, che sempre "si fa trovare" (1a lett.) da chi "lo cerca con cuore sincero (ps. resp.). È importante esserci per Lui. Perché uno dei più grandi fallimenti per un prete, sarebbe quello di rendersi conto di aver legato la gente a sé, ma non a Gesù Cristo. Viceversa, motivo di gioia per lui è sapere che le persone con cui ha vissuto rimangono unite a Gesù Cristo, perché lo erano per davvero anche prima; poter pensare di essere stato strumento, più o mneo efficace (e nemmeno l’unico) attraverso cui lo Spirito santo ha condotto altri all’incontro con il Signore Gesù.

Ma l’essere stato strumento non è motivo per ritenere di avere meriti né di fronte a voi, né, tanto meno, davanti al Signore; è stato semplicemente il tentativo di corrispndere ad un dono.

Nei miei bilanci di fronte al Signore so comunque di essere stato manchevole in questa risposta. Sento bisogno di chiedere perdono, a Lui e a voi. Ho già espresso questa richiesta nel mio saluto sull’"Angelo". Vorrei appena aggiungere che mi dispiace non solo per il mio temperamento che mi rende abbastanza facilmente infiammabile e impaziente e perciò non sempre serenamente abbordabile, ma anche per le volte che posso aver dato l’impressione di essere altero o lunatico: quante volte, dopo aver incontrato una persona lungo la strada mi rendenvo conto di non essermene accorto e di non averla perciò nemmeno salutata, perché con la testa ero da qualche altra parte, assorbito dai miei pensieri.

Sull’ "Angelo" ho già espresso anche i miei sentimenti di gratitudine. Pure per questi non sto a ripetermi, per non dilugarmi e vi rimando alla lettura di quelle pagine. Desidero solo esprimere quanto là non ho detto: il ringraziamento per questi giorni. Avevo messo in conto il salutarci da fratelli e buoni amici, ma non avevo minimamente preventivato le attestazioni di stima e di affetto di questi giorni, i tanti doni e le mille premure: tutte cose che mi confondono e da cui mi sento come travolto.

Grazie a chi ha pensato le varie "sorprese", a chi ha preparato e animato le celebrazioni di questa domenica, don Giampaolo, gli altri confratelli e altri ancora, oltre, questa sera, al nostro coro parrocchiale.

Avete fatto e state facendo, voi, tanti, festa a me, che sono uno. In realtà dovrei fare io festa a voi, per ciascuno di voi: è la logica dei numeri e la matematica non è un’opinione; è molto più ciò che io da voi ho ricevuto di quanto, per grazia del Signore, posso aver dato.

È il debito tutto speciale che ho nei confronti di Verola: voi avete accompagnato i primi passi del mio sacerdozio e il cammino che ho compiuto finora: ho imparato qui a fare il prete e ad essere prete: l’ho imparato da don Luigi che ha saputo essere per me padre, fratelli e modello di dedizione, l’ho imparato dagli altri confratelli nel sacerdozio, ultimamente da don Giampaolo (con don Valentino, in questi giorni di insolita compresenza, dovuta a circostanze non volute, ho potuto realizzare un’amizia sacerdotale); l’ho imparato dalle nostre suore di ieri e di oggi, dagli adulti, dagli anziani e dagli ammalati abbandonati al Signore, da coloro che in tutti questi anni con me hanno lavorato in Oratorio, o sono stati collaboratori della Parrocchia e nella bella realtà delle Diaconie; l’ho imparato stando con i giovani, i bambini, con i "miei"ragazzi (passatemi questo possessivo affettuoso). Se è vero che, come dicevo, posso essere stato strumento per voi nelle mani del Signore, è vero che sicuramente voi lo siete stati in mano sua nei miei confronti.

Rendiamo grazie perché lo Spirito ci ha fatti gli uni per gli altri strumenti di grazia, nel lungo tratto di strada che abbiamo percorso insieme in questa parte della "Vigna del Signore" che è la comunità cristiana di Verolanuova.

Essere strumenti nelle sue mani: è grande grazia e onore. È strumento nelle mani del Signore il prete per la gente e la gente per il prete, i coniugi l’uno per l’altra, i genitori per i figli e viceversa, chi offre un servizio per chi lo riceve e chi ne è beneficato per chi lo dona, e via dicendo: in modi diversi, tutti, guidati dallo Spirito, siamo operai nella Vigna del Signore, anche chi si sente inutile e non può fare altro che offrire la sua preghiera, la sua sofferenza e la propria solitudine, anche chi offre il suo impegno a servizio della comunità civca, i cui rappresentanti ringrazio di essere qui, questa sera.

E allora, voi lo state dicendo a me, io lo dico di nuovo a voi: grazie. Soprattutto insieme lo diciamo al Signore. La tristezza del distacco, che questa sera consumiamo, e che diventerà ancor più concreto domenica 6 ottobre, potrebbe indurre al rimpianto. Invece è il rendimento di grazie al Signore che deve dominare il nostro cuore per il bene che ci ha donato e di cui ci ha fatto vicendevole tramite. Celebrare insieme l’Eucaristia è il rendimento di grazie più bello che possiamo rendere al Signore, "paziente e misericordioso, ricco di grazia" (ps. resp.). Eucaristia, ve l’ho ricordato varie volte, significa appunto "rendimento di grazie".

La mia preghiera per voi prende spunto dalla Parola di Dio proclamata poco fa.

"Io piego le ginocchia davanti al Padre, perché vi conceda di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito (non dimenticatevi dello Spirito santo). Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità" (cfr Ef. 3, 14-17) sempre cerchiate il Signore, che si fa trovare (1a lett.), perché sempre continuiate a lavorare nella sua "vigna", a vivere, come diceva Paolo (2a lett.) da "cittadini degni del vangelo", da cristiani, nelle diverse situazioni in cui l’ordinarietà quotidiana vi trova impegnati: famiglia, lavoro, scuola, amicizie, svago. È la via cristiana alla santità. Come scrive il papa ai giovani, non abbiate paura ad essere santi.

La paga, per chi lavora nella Vigna del Signore non è qualcosa, ma è Lui stesso. Ve l’ho detto tante volte che Dio quando fa qualcosa, lo fa da Dio: quando dona non dà qualche cosa, ma dà tutto: dà se stesso.

Camminando verso la santità, alla quale tutti siamo chiamati, prego perché sperimentiate "la gioia della vostra fede" (ancora s. Paolo, 2a lett.), la gioia di essere suoi, gratuitamente amati.

Ce ne renda capaci lo Spirito, che invochiamo attraverso l’intercessione della B. V. Maria, del nostro patrono s. Lorenzo, dei ss. titolari delle Diaconie e dei nostri due concittadini beati.


Verolanuova, 21 e 22 settembre 2002

Benedizione di s. Chiara
al termine delle celebrazioni eucaristiche

C.: Il Signore vi benedica e vi custodisca

T.: Amen

C.: Mostri a voi la sua faccia e vi usi misericordia; rivolga a voi il suo volto e vi doni la pace.

T.: Amen

C.: Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui.

T.: Amen

C.: E la benedizione di Dio onnipotente: Padre, Figlio e Spirito santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre.

T.: Amen


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Angelo Settembre 2002

Parrocchia di Verolanuova