L'Angelo di Verola L'Angelo di Verola Mensile di Vita Parrocchiale


Parrocchia “S. Lorenzo Martire” Verolanuova  

Speciale
Sulle orme di Paolo

Cronaca del pellegrinaggio in Turchia
dal 2 al  9 maggio 2001

Inserto Allegato a "L’Angelo di Verola"
Anno XXVI - n° 9 - Settembre 2001

 


 

IL PELLEGRINAGGIO IN TURCHIA
SULLE ORME DI SAN PAOLO

 

"Ho voluto andare ovunque Paolo era passato. Per cinque anni ho percorso migliaia di chilometri sulle orme dell’Apostolo: tutte le strade che lui aveva seguito, le ho riprese; in tutte le città e i villaggi dove lui si è fermato, anch’io ho fatto tappa... persuaso che quei luoghi, anche se ormai ridotti in rovine, avevano ancora dei segreti da confidarmi".

Sono le parole di Paul Dreyfus che da questo lungo ed entusiasmante pellegrinaggio, in uno splendido volume, ha fatto riemergere la straordinaria figura di Paolo di Tarso in tutta la sua conturbante umanità, con il fascino potente di una personalità irresistibile.

1 - Anche noi, pieni di entusiasmo, alle 8.00 di mercoledì, 2 maggio decolliamo da Bergamo per la Turchia, il primo dei paesi dell’apostolato di San Paolo. Il volo è splendido: in un attimo superiamo il Po, arriviamo all’Adriatico, superiamo il Gran Sasso, Bari, Brindisi, il Monte Olimpo, la Penisola Calcidica, il canale dei Dardanelli, il Mar di Marmara e finalmente Istanbul. Il nostro gruppo è formato da verolesi con Don Luigi e da bergamaschi con Padre Gianantonio. Sbrigate le formalità doganali prendiamo posto sul pullman e subito ci troviamo immersi nel caotico traffico di una città immensa, ponte tra l’Europa e il Medio Oriente. Rosa, la nostra guida turca ci presenta la storia di questo grande paese; nel frattempo arriviamo al nostro hotel che è in centro; ci sistemiamo nelle camere e dopo una breve sosta proseguiamo alla scoperta della città. Già città romana, bizantina e ottomana, oggi cosmopolita, ma con un tocco d’oriente che si respira ovunque.

Una foresta di minareti caratterizza l’orizzonte di Istanbul e quasi senza accorgecene ci troviamo nel cuore della città: la Piazza dell’Ippodromo con i suoi monumenti antichi: l’Obelisco, la Colonna Serpentina e la Colonna di Costantino; ma la sulla piazza danno anche Santa Sofia, l’edificio più sacro del periodo bizantino, fatta costruire dall’imperatore Giustiniano fra il 532 e il 537, trasformata in moschea nel 1453 e in museo nel 1934 e la Moschea Blu la più grandiosa con i suoi sei minareti. Entriamo in Santa Sofia e Rosa ci fa una presentazione accurata e approfondita dell’edificio che è semplicemente grandioso. Centinaia di metri quadrati di mosaici d’oro, 16.000 m2 decorati con tessere di marmi preziosi e pietre dure abbelliscono il maestoso interno e la straordinaria cupola. Visitiamo poi la Cisterna Yerebatan di fronte a Santa Sofia. È la più grande delle 60 cisterne costruite a Istanbul nel periodo bizantino (532 d.C.); alimentata dall’acquedotto di Valente (375 d.C.) una parte del quale è perfettamente conservata tra la terza e la quarta collina; la cisterna è costruita con 336 colonne di diverse costruzioni romane a 4 m. di distanza una dall’altra e ha una superficie di 10.000 m2 e una capacità di 80.000 m3. Il gioco delle luci sulle volte e sulle colonne dà all’insieme un aspetto straordinariamente affascinante.

Riprendiamo il pullman, attraversiamo il Corno d’Oro sul ponte Ataturk e ci avviamo alla chiesa di Sant’Antonio nel cuore di Galata, per la celebrazione della Santa Messa. Don Luigi e padre Gianantonio concelebrano la Santa Messa e durante l’omelia Padre Antonio ci ricorda che, pur nell’entusiasmo del nostro viaggio, non dobbiamo perdere la gioia del pellegrino che scopre piano, piano i segni del passaggio di un grande santo: San Paolo. E Paolo Pellizzari, il nostro accompagnatore e insigne biblista ci ricorda il ruolo determinante che la capitale dell’impero romano d’Oriente e l’insieme dell’Asia Minore (Turchia) hanno avuto nella testimonianza del Vangelo durante le prime generazioni cristiane e ricorda i grandi martiri: Ignazio di Antiochia, Policarpo di Smirne, i quaranta Martiri di Sebaste e i grandi Padri della Chiesa: Basilio, Giovanni Crisostomo e Gregorio di Nazianzo.

Ma ricorda anche il ruolo determinante che Costantinopoli e l’Asia Minore hanno avuto nello sviluppo della comprensione del Vangelo e nella formulazione della fede cristiana: i Concili di Nicea I, II, di Costantinopoli I, II, III, IV, di Efeso e di Calcedonia quando il cristianesimo, anche incontrando il mondo greco-romano cercava di definirsi, di chiarire la propria fede e la formulazione di questa fede e nell’evangelizzazione della regione, le incomprensioni e le rivalità con la Chiesa di Roma fino alla rottura del 1054 e alla tragica IV crociata (1204). Ridiscendiamo la collina di Galata; di fronte, nel rosso del tramonto i minareti delle mille moschee sembrano una foresta incantata e il Corno d’Oro un nastro d’argento. Passiamo sotto l’acquedotto di Valente e arriviamo al nostro hotel. Siamo un po’ stanchi: cena e... a letto.

2 - Giovedì, 3 maggio di buon mattino ripartiamo alla scoperta della Costantinopoli bizantina e dell’Istanbul ottomana; incominciamo con la Chiesa di San Salvatore in Chora che si trova in un piacevole quartiere di graziose case di legno; costruita nel IV sec. distrutta e ricostruita nell’XI sec., fu restaurata e allargata nel XII sec. Fu poi trasformata in moschea; i suoi mosaici e affreschi furono ricoperti d’intonaco. Trasformata in museo, oggi è un’opera che possiede i più splendidi mosaici bizantini, unici per la rappresentazione degli episodi, la ricchezza dei colori e l’abbondanza dei dettagli. È semplicemente straordinaria. Riprendiamo il cammino, superiamo la porta di Edirne, fiancheggiamo le imponenti mura e la facciata policroma del Palazzo Tefkur una delle residenze imperiali dei primi sovrani bizantini ed eccoci improvvisamente sul Corno d’Oro che costeggiamo.

Quasi all’improvviso ci troviamo davanti alla moschea di Solimano il Magnifico, opera di Sinan, il più famoso architetto ottomano. La pianta della moschea assomiglia a quella di Santa Sofia, le dimensioni sono però inferiori; ma nell’insieme essa risulta estremamente elegante e l’armonia di tutto il complesso la rende unica tra tutte le moschee. Attorno al grande giardino ci sono le scuole di educazione coranica, i negozi, un ospedale, una cucina per i poveri e un caravanserraglio e dietro la moschea si trova il cimitero con il mausoleo di Solimano. L’interno è sobrio e grandioso nello stesso tempo. Riattraversiamo il Corno d’Oro e nel cuore di Galata entriamo nella Cattedrale dello Spirito Santo; nell’altare laterale della cattedrale ci accoglie una grande tela con l’effige di papa Giovanni XXIII, che per anni fu Nunzio Apostolico a Istanbul. Don Luigi e Padre Gianantonio concelebrano la Messa e nell’omelia Don Luigi ricorda Papa Giovanni XXIII e la visita recente di Giovanni Paolo II che è stata una testimonianza della volontà del papa di trovare un modo per superare le antiche incomprensioni e rivalità.

Nella terra dei grandi santi e dei grandi martiri che hanno lavorato alla formulazione della fede, i cristiani sono oggi una sparuta minoranza (forse neanche lo 0,5%) e divisa tra molte Chiese: Greci ortodossi, Siriani, Armeni, Latini, Caldei, Melkiti... La mattinata è passata in un baleno; in un bel ristorante sul Bosforo gustiamo piatti turchi che sono buoni, e poi... via alla Moschea Blu, la più grande e maestosa di Istanbul. Schema base di questa moschea è sempre Santa Sofia, ma nell’insieme la struttura architettonica è grandiosa ed elegante. L’interno rivestito di 21.043 piastrelle di maiolica in prevalenza azzurro-blu illuminato da 260 finestre è affascinante. Lasciamo la moschea blu e per la gioia delle signore ci avviamo al Grande Bazar coperto: 300.000 m2, 3.500 negozi, 15.000 venditori e 80 stradine: questi i numeri dell’enorme e caratteristico supermercato.

Fortunatamente nessuno si perde e in poco tempo siamo sul battello per una... regata sul Bosforo, lo stretto che separa l’Asia dall’Europa. Lo spettacolo è superbo; sulla prima collina al di là del Corno d’Oro vediamo il Tokapi, Santa Sofia, la Moschea Blu e un’infinità di minareti che si allontanano lentamente, mentre sul Bosforo è un susseguirsi di palazzi grandiosi: Dolmabahçe, Ciragan, Beylerbeyi, di moschee e di graziosi quartieri. Superiamo il primo grande ponte che unisce dal 1973 Asia ed Europa e arriviamo alla possente fortezza di Rumeli (1393) che sembra controllare il secondo grande ponte che dal 1988 scavalca il Bosforo. Il battello vira; il sole che tramonta inonda di una luce soffusa questa affascinante città i cui colli sembrano da lontano delle miniature. La giornata è stata intensa, siamo alquanto stanchi; dopo la lauta cena non c’è spazio che per una... dormitina.

3 - Venerdì, 4 maggio caricati i bagagli sul pullman partiamo per la visita del Palazzo di Topkapi che fu il centro di governo dell’impero ottomano. Costruito fra il 1475 e 1478 dal sultano Fatih Mehmet sulle rovine della città romana. È circondato da poderose mura con 28 torri; le mura marine verso il Mar di Marmara sono di origine bizantina. Entrando dalla porta centrale, ci soffermiamo davanti alla chiesa di Sant’Irene; costruita nel 300 d. C. sul posto di un antico tempio dedicato ad Afrodite, ha preso il suo aspetto attuale con il restauro voluto da Giustiniano nel 532. Il palazzo vero e proprio che in realtà è un insieme di palazzi (schema dell’accampamento dei popoli nomadi, quali erano in realtà gli Ottomani) ognuno con funzioni diverse: la Zecca, l’Harem, la biblioteca del Palazzo, il Padiglione di Bagdad, il Padiglione della Circoncisione, il Padiglione delle Reliquie, quello del Tesoro sono oggi sale splendide di un museo straordinario; e dalla terrazza del Bosforo il panorama è magnifico: la costa asiatica, il Mar di Marmara e il Bosforo sono davanti a noi.

La visita è interessantissima e le notizie storiche e di costume che Rosa con grande maestria ci presenta completano la conoscenza del fascinoso "Topkapi". Attraversiamo per l’ultima volta il Corno d’Oro e in breve siamo alla Cattedrale dello Spirito Santo per la Santa Messa. Il rettore della Cattedrale ci porta il saluto della comunità cattolica di Istanbul e durante l’omelia padre Gianantonio ci ricorda che il senso profondo della nostra presenza è proprio quello della testimonianza della nostra fede. Ci avviamo al ristorante, un caratteristico locale sul Bosforo; mangiamo molto bene e poi, partiamo per Ankara, la capitale della Turchia; in un attimo eccoci sul ponte Fatih Mehmet a 64 m. sul livello del mare, il panorama è grandioso. Siamo in Asia Minore, attraversiamo i sobborghi industriali di Istanbul con la sensazione che tutto cresca un po’ a caso in uno sviluppo intenso ma caotico: osserviamo il paesaggio, sonnecchiamo, poi Paolo, il nostro splendido biblista, ci sveglia presentandoci la figura di Paolo Apostolo. In una famiglia giudea di Tarso, all’inizio del I secolo, nasce un bambino; i suoi genitori lo chiamano Saulo, in ebraico "il desiderato" e sono dunque giudei della diaspora. Ma i genitori si sono stabiliti a Tarso da molto tempo, hanno dei beni al sole e sono cittadini romani.

L’ottavo giorno dopo la nascita suo padre lo fa circoncidere come prescrive la legge di Mosè. Il padre è tessitore: fabbrica stoffe in pelo di capra; il suo mestiere gli dà una certa agiatezza. In questa casa si parla il greco, la lingua franca dell’impero romano, un po’ di latino e l’aramaico la lingua popolare della Palestina e la famiglia è farisea. Paolo è quindi Asiatico per residenza, Palestinese per le radici familiari, Ebreo per i più lontani antenati, Giudeo per la religione, Greco per la lingua e Romano per la cittadinanza. La prima formazione essenziale avviene a Tarso, all’interno della comunità, all’interno della Sinagoga e impara a leggere e a scrivere; ai tempi di Gesù e di Paolo, tutti i maschi sapevano leggere e scrivere e imparavano a memoria i 27 capitoli in cui Dio trasmette al suo popolo le sue leggi e i suoi costumi. Leggere e scrivere era indispensabile per passare alla fase dell’iniziazione, per diventare figli della legge.

A 13 anni diventavano e diventano ancor oggi maggiorenni e la liturgia comportava e comporta ancora la lettura di un testo biblico durante una liturgia sinagogale. La formazione di Paolo avviene in famiglia, nella sinagoga collegata ad una fazione particolare: i farisei. Ai tempi di Gesù il Giudaismo non era monolitico, diverse erano le fazioni: i Sadduceci, gli Zeloti, gli Esseni, i Farisei rigoristi e i Farisei meno rigoristi. Paolo cresce quindi nel mondo farisaico e nel mondo greco: è un uomo di due culture, aperto al mondo pagano. Paolo non era come Pietro, un uomo della Galilea, ma è avvantaggiato dall’essere un ebreo asiatico, cittadino romano che parla correttamente il greco, l’aramaico e anche un po’ il latino.

Paolo arriva a Gerusalemme nel 19/20 d.C. epoca in cui Gesù inizia la sua vita pubblica; abita da sua sorella, sposata e madre di famiglia e continua gli studi presso Gamaliele che è un fariseo aperto. Di incontri tra Gesù e Paolo non si hanno notizie. Pare certo che Paolo rientri a Tarso nel 25; nel 34 è di nuovo a Gerusalemme e nel martirio di Santo Stefano, Paolo ha una presenza defilata ma ostile. Alla morte di Stefano, Gamaliele ha taciuto, il suo discepolo Paolo diventa il più ardente difensore dell’integrità dottrinale. Gli "Ellenisti" che avevano incominciato ad annunciare il messaggio di Gesù lasciano Gerusalemme per altre contrade. Qualche mese dopo la morte di Stefano, sulla via di Damasco Paolo incontra "Gesù il Nazareno" e inizia la nuova e straordinaria vita di un uomo che ha "cambiato" il mondo.

A Damasco passa qualche giornata con Anania, Giuda e la piccola comunità cristiana nascente poi entra nelle sinagoghe e proclama che "Gesù è il Figlio di Dio". I rabbini della città sono allibiti. Ma Paolo lascia Damasco, si ritira nell’Arabia Petrea, sale sul Monte Nebo, poi ritorna a Damasco dove con le sue argomentazioni turba i presenti. La comunità cristiana di Damasco è cresciuta ma i fanatici della comunità giudaica vogliono farlo tacere. Di notte i discepoli lo calano lungo le mura in una grande cesta. Paolo ritorna a Gerusalemme dove ricominciano i problemi. All’interno della comunità cristiana deve misurarsi con l’ostilità dei Greci del mondo pagano, col mondo ebraico che non accoglie il messaggio che lui porta, che non riconosce Gesù come Messia e inoltre a più riprese dovrà misurarsi con alcune delle componenti presenti all’interno della comunità cristiana.

Chi introduce Paolo all’interno della comunità cristiana è Barnaba di cui gli Atti degli Apostoli dicono che è un uomo di grande intelligenza, di grande preparazione, di grande fede e di grande lungimiranza; Barnaba si rende subito conto che Paolo è un uomo straordinario ed è lui che garantisce per Paolo visto con sospetto dal momento che da persecutore diventa annunciatore del Vangelo. Presentato alla comunità di Gerusalemme Paolo incontra Pietro e Giacomo. Paolo ritorna a Tarso e quando Barnaba viene mandato ad Antiochia, va a cercare Paolo a Tarso e lo porta con se ad Antiochia. Paolo ha 37 anni: ha inizio il tormentato cammino dell’Apostolo delle genti. Antiochia città notevole con circa 30.000 ebrei diventerà il motore propulsivo della divulgazione del Vangelo. Per la prima volta ad Antiochia i discepoli di Gesù vengono chiamati cristiani, sia i pagani (mondo greco) sia i giudei, questa divisione è finalmente superata. I grandi viaggi di Paolo partono e arrivano sempre ad Antiochia. E così ascoltando la splendida relazione di Paolo, la nostra guida, e la visione degli splendidi paesaggi anatolici arriviamo ad Ankara. Sistemati in hotel, ceniamo e poi come sempre a letto molto presto.

4 - Sabato, 5 maggio di buon mattino, ai piedi della cittadella costruita dai Galati, entriamo nella cappella dedicata a Santa Giovanna d’Arco dell’Ambasciata di Francia per la Santa Messa. La lettura della lettera ai Galati consente a Paolo Pellizzari di entrare nel profondo del messaggio dell’Apostolo. Alcuni cristiani, provenienti dal giudaismo e attaccati alle pratiche legali, si erano introdotti nelle chiese della Galazia, sostenendo che la circoncisione e le altre pratiche della Legge erano necessarie a tutti, per essere salvi, eredi delle promesse messianiche. Era un cambiamento del genuino Vangelo predicato da Paolo. Inoltre dicevano che Paolo non era un vero apostolo, non avendo ricevuto la missione da Gesù Cristo, che era in contrasto con i veri Apostoli e che era un opportunista curante soltanto del favore degli uomini. Sotto i colpi di questa violenta tempesta, la fede di quella giovane cristianità correva il rischio di naufragare miserabilmente. Paolo non tardò a venire in aiuto dei Galati per sostenerli nella fede e scrisse la lettera in cui confuta le accuse a lui mosse ed espone la vera dottrina. "...Mi meraviglio che così presto vi siate voltati da Colui, che per grazia di Cristo vi ha chiamati, a un vangelo diverso.

Non già che sia un altro vangelo, ma vi sono alcuni che gettano lo scompiglio in mezzo a voi e si propongono di stravolgere il Vangelo di Cristo. Ebbene, quando pure noi stessi o un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che vi annunziammo, sia esecrato. Ciò che già vi abbiamo detto, ancora adesso lo dico: "Se uno vi annunzia un vangelo diverso da quello che riceveste, sia esecrato". È forse il favore degli uomini che io cerco, e non già quello di Dio? Ovvero cerco di piacere agli uomini? Se io cercassi di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo...". Dopo la messa, superiamo la porta della Cittadella e eccoci in un vecchio mercato coperto e trasformato in uno splendido museo che accoglie inestimabii collezioni di opere paleolitiche, neolitiche, hatti, ittite, frige, urate e romane. A dispetto del suo aspetto di grande città nuova, le origini di Ankara sono molto antiche. Lasciamo il museo, riprendiamo il pullman e attraversiamo la città fino al grandioso Mausoleo di Ataturk, il padre della moderna Turchia, che si eleva sulla sommità di una collina dalla quale si domina tutta la città.

Questo grandioso monumento concilia abilmente il passato e il presente: visitiamo il museo di Ataturk poi lasciamo Ankara per la Cappadocia. Ci fermiamo in un locale caratteristico per pranzo gustando piatti locali; riprendiamo il viaggio, il paesaggio dell’altopiano anatolico centrale è particolare: coperto da campi di frumento e da steppe è di una solitudine maestosa. Fiancheggiamo il grande lago salato: i riflessi del sole cancellano il lago, sembra infatti una immensa distesa di sale. Da lontano appare il profilo grandioso del monte Hasan uno dei vulcani con l’Eciyes più maestosi dell’Anatolia. Il profilo dell’Hasan ci accompagna per parecchi chilometri poi quasi d’incanto ci troviamo di fronte ad un panorama straordinario, mozzafiato, indefinibile e indescrivibile. Le formazioni geologiche naturali create in migliaia di anni e l’uomo che ha scolpito questa terra vulcanica ci lasciano stupefatti; i camini delle fate, i funghi giganti, le incredibili torri di Uçhisar e di Ortahisar ci accompagnano nel dorato tramonto al nostro hotel; ceniamo, i meno stanchi vanno a vedere uno spettacolo di danze folcloristiche locali.

5 - Domenica, 6 maggio, dopo un’abbondante colazione partiamo per la valle di Goreme, un museo all’aperto con i suoi 400 tesori circa: chiese, basiliche, cappelle, eremi, monasteri, spesso affrescati con terre, sotto le volte di azzurri intensi. La bellezza di queste immagini - Vergine, Cristo, Santi, Natività, Crocifissioni - rivela l’intenzione di rendere visibile anche agli occhi la bellezza interiore della fede. Ed è un miracolo che le si possa ammirare, magnifiche nei loro colori, anche se spesso i visi sono stati cancellati dalla furia iconoclasta prima e islamica poi. Nella chiesa rupestre di Santa Maria ad Avanos, partecipiamo ad una commovente Messa, durante l’omelia, Paolo, il nostro biblista, ci ricorda i Padri Cappadoci: nel IV secolo d.C. Basilio il Grande, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo (contemporanei di Sant’Ambrogio, Sant’Agostino e San Girolamo) diedero inizio alla vita monastica della regione e diedero un contributo determinante nella formulazione della fede cristiana e nella lotta contro le eresie che devastarono la chiesa del tempo. Essi svilupparono il monachesimo cappadoce come forma di vita cristiana che si ispira alla prima comunità di Gerusalemme (condivisione dei beni, assiduità nell’ascolto della parola di Dio e nella celebrazione comunitaria, centralità della parola di Dio, collegamento con la Chiesa locale cioè con la gente); i monasteri accoglievano anche intere famiglie alle quali potevano garantire una vita organizzata; un modo di vivere diverso da quello dei monaci del Monte Athos.

Consumiamo il pranzo in un ristorante caratteristico con piatti tipici veramente gustosi. Nel pomeriggio, ci rechiamo a Kaymakli per la visita della città sotterranea; scavata nel tufo, occupa un’area di circa 2,5 km2 e si articola su 7 livelli, ognuno dei quali contiene 15 abitazioni collegate da strette gallerie, con camini di areazione. Completa di stalle, magazzini, deposito viveri, cisterne d’acqua, cantine, cucine e chiesa, questa città era autonoma per lungo tempo. Torri fortezza collegate tra di loro da cunicoli e le città sotterranee erano il naturale rifugio dei cristiani e della gente locale all’arrivo dei nemici. Al ritorno da Kaymakli visitiamo Urgup, Cavusin e Zelve: sono luoghi semplicemente fantastici. Ad Avanos visitiamo un laboratorio artigianale di tappeti, vediamo le maestre tessitrici all’opera e la coloritura delle lane con i colori vegetali: è molto interessante. La giornata è stata meravigliosamente intensa. Rientriamo in tarda serata e a ... letto.

6 - Lunedì, 7 maggio, partiamo di buon mattino, dobbiamo percorrere 750 km. Ritroviamo il Monte Hasan e ci fermiamo a Sultanhani per la visita del caravanserraglio, costruito nel 1229. Grandioso come una cattedrale gotica, è uno dei monumenti più suggestivi dell’arte turca. Il paesaggio nel frattempo è cambiato, distese infinite di campi si perdono all’orizzonte; ma Paolo, la nostra guida, ci ricorda che siamo sulla strada percorsa dall’Apostolo Paolo durante i primi tre viaggi: la visita ad Antiochia di Pisidia, la visita a Iconio (Konya), Listra, Derbe. Arriviamo a Konya, notevole città dallo sviluppo tumultuoso (enormi torri che crescono un po’ dovunque, senza ordine in mezzo ai campi). Nella Chiesa di San Paolo ci accolgono due giovani ragazze trentine dagli occhi dolcissimi che hanno accettato di tenere aperta la chiesa per i pellegrini di passaggio; due ragazze cattoliche in una città di un milione di abitanti: tengono aperta la chiesa ma non possono fare proselitismo, accolgono tutti coloro che desiderano incontrarle, ascoltarle, e aiutano quando possono.

Ascoltiamo la Santa Messa con grande emozione, salutiamo le due suore laiche e andiamo a visitare il museo di Mevlana, antico convento dei Dervischi fondato da Mevlana poeta mistico islamico. Esso accoglie la Tomba di Mevlana e di suo figlio e gli strumenti musicali utilizzati nel convento. Dopo il pranzo, riprendiamo il lungo cammino; ci avviciniamo alla regione dei laghi, il paesaggio è verdeggiante, i laghi sono molto belli, ma Paolo ci richiama all’Apostolo e alla lettera ai Colossesi, siamo nelle vicinanze di Colossi, città della Frigia; fu abbastanza fiorente prima di Cristo; decadde poi per la prevalenza delle due città vicine: Gerapoli e Laodicea; ora è ridotta a poche rovine e forse se ne sarebbe perduto il nome, se non l’avesse resa celebre la lettera di San Paolo. La chiesa di Colossi non fu fondata nè visitata dall’Apostolo, la fondò invece Epafra, un pagano convertito alla fede dell’Apostolo. La comunità di Colossi era fervente e ben istruita nella fede, come risulta dalla medesima lettera; ma un grave pericolo la sovrastava a causa di alcune dottrine erronee che per opera di falsi dottori cominciavano a serpeggiare tra i cristiani. Paolo informato da Epafra, recatosi a visitarlo durante la sua prigionia, scrisse ai Colossesi, che appartenevano alla sua giurisdizione e gli erano molto affezionati, una lettera per premunirli dagli errori allora incipienti: culto di esseri spirituali, intermediari tra Dio e l’uomo, restrizioni nelle bevande e nei cibi, osservanza di feste annuali, di noviluni e di Sabati.

A quegli errori l’Apostolo oppone un magnifico quadro sintetico di Gesù Cristo e della sua opera non solo sotto l’aspetto soteriologico ma anche cosmico. Gesù ha il primato su tutta la creazione di cui egli è la causa efficiente, esemplare e finale, e con la redenzione da lui operata, restaura l’universo, l’ordine voluto dal Creatore. È una delle pagine più belle dell’epistolario paolino, uscita dal suo cuore pieno d’amore per il suo Maestro; ed è pure il punto culminante del suo pensiero intorno all’opera salvifica di Gesù Cristo... "Egli è l’immagine dell’invisibile Dio, generato prima di ogni creatura; poiché in lui tutto è stato creato e nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili, e i Troni e le Dominazioni, e i Principati e le Potestà.Per lui create, a lui sono volte tutte le cose; egli va innazi a tutte e tutti sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, che è la Chiesa; egli il principio, il primogenito dei redivivi, affinché in tutto abbia lui il primato, poiché a Dio piacque di far in lui risiedere la pienezza, e per suo mezzo riconciliare a sè ogni cosa, sia in terra, sia in cielo, stabilendo la pace per il sangue della croce di lui.

E anche voi, che una volta a Dio stranieri e d’animo avverso vi mostrate nelle vostre malvage azioni, ora vi ha riconciliati mediante la morte nel suo corpo di carne per farvi comparire davanti a lui santi e immacolati e irreprensibili. Ma per questo dovete rimanere ben fondati nella fede e irremovibili nella speranza del Vangelo da voi udito e oramai già predicato a tutte le creature che sono sotto il cielo; di quel Vangelo di cui io, Paolo, sono fatto ministro". Il tempo è trascorso veloce; un biancore appare lontano nel verde intenso, sono le cascate pietrificate di Ierapoli-Pamukkale, il castello di cotone, meraviglia della natura di paradisiaca bellezza per le sfumature dei colori durante il tramonto. Arriviamo al nostro hotel, doccia, cena e... riposo.

7 - Martedì, 8 maggio alle 8.00 incominciamo la visita delle rovine di Ierapoli, la splendida città cui fa riferimento anche San Paolo nella lettera ai Colossesi. Visitiamo l’Agorà, la Basilica, il Tempio di Apollo, il magnifico teatro e il Martirium costruito sul luogo dove fu martirizzato San Filippo. Visitiamo le terme e assaporiamo il piacere di bagnare i piedi nelle bianche vasche di calcare con l’acqua a 35 gradi. Il tempo però incalza; partiamo per Efeso non prima di aver visitato l’imponente necropoli. Durante il tragitto, Paolo ci presenta Efeso, questa grande città che al tempo di San Paolo aveva 250.000 abitanti, metropoli romana in Asia Minore. La città era grandiosa e magnifica per i suoi monumenti: il grande teatro, il tempio di Adriano, la Biblioteca di Celso, l’Agorà, l’Odeon, ma soprattutto una delle sette meraviglie del mondo antico, il Tempio di Artemide. Ancora oggi le rovine dell’antica Efeso sono notevoli a testimonianza della grandiosità della città. L’Agorà, la grande piazza è legata al ricordo delle prediche di San Paolo; nel grande teatro, 25.000 posti, Demetrio, uno dei tanti argentieri che vendevano i souvenirs connessi al culto di Artemide capeggiò la rivolta contro l’Apostolo.

Anche gli Apostoli Luca e Giovanni passarono per Efeso. Dopo essere passato per Efeso nel corso del secondo viaggio, Paolo vi ritorna nel corso del terzo e si ferma circa tre anni, annunciando il Vangelo ad ebrei e pagani e facendone la sua base missionaria per l’evangelizzazione della regione e per mantenere i contatti con le altre comunità. Anche da Efeso, Paolo è costretto a fuggire a causa dell’ostilità che la sua predicazione suscita perché è una predicazione di conversione, perché è un annuncio che tocca in profondità l’economia stessa di Efeso che viveva il commercio e di indotto legato al Santuario di Artemide. Ma a Efeso l’Apostolo sviluppa il Vangelo, invia i vari collaboratori verso le altre città; a Efeso Paolo scrive la prima lettera ai Corinti, la lettera ai Galati e la lettera ai Filippesi. Andandosene da Efeso Paolo inizia il cammino di avvicinamento a Roma dove arriverà non per libera scelta ma perché mandato, arriverà a Roma non da uomo libero, ma in catene, la sua testimonianza al Vangelo passerà anche attraverso l’arresto, la prigionia, la deportazione e il martirio.

Paolo, la nostra guida, ci legge un passo della lettera agli Efesini che non ha la forza e la foga contro gli errori come nelle lettere ai Galati e ai Corinti, ma è quasi una lettera pastorale. L’Apostolo, volendo offrire ai Cristiani un quadro completo di dottrina intorno a Cristo, dopo aver accennato al primato di Gesù (lettera ai Colossesi), riprende e svolge due argomenti: l’universalità della salvezza, non riservata esclusivamente ai Giudei, ma offerta anche ai Gentili, in Cristo Gesù e poi la verità della Chiesa, corpo mistico di Cristo, di cui egli è il capo. Da queste verità l’Apostolo trae pratiche conseguenze nell’ordine morale. Nel frattempo siamo arrivati a Efeso, visitiamo la città che è splendida anche sotto la pioggia, poi arriviamo ai resti della Basilica di Maria. Dopo l’Editto di Costantino nel 313, il grande edificio della borsa venne trasformato in Basilica dedicata a Maria. Nel 431 in questa Basilica della quale resta ben poco, il III Concilio formato da 200 vescovi dichiarò Maria Madre di Dio. E in questi resti, davanti alla croce il Papa Paolo VI ha pregato il 26 luglio 1967 e anche noi pellegrini ci raccogliamo con Don Luigi e Padre Gianantonio in profondo raccoglimento.

Pranziamo velocemente in un bel ristorante all’aperto; poi partiamo per la visita dei resti dell’imponente Basilica di San Giovanni Evangelista fatta costruire dall’imperatore Giustiniano sulla sua venerata tomba. Da Efeso passò quindi, anche Giovanni che lasciò un’impronta profonda: scrisse infatti il IV Vangelo e le lettere. Gesù sulla croce aveva affidato sua Madre a Giovanni; costretto a fuggire da Gerusalemme, secondo la tradizione Giovanni avrebbe portato con sè ad Efeso la madre di Gesù. E alla casa della Madonna sulla collina degli usignoli ci dirigiamo per la Messa: il luogo tra la fitta vegetazione è superbo e invita alla riflessione e alla meditazione. Partecipiamo alla Santa Messa con grande commozione e dopo il saluto del Rettore del luogo sacro partiamo per Kusadasi. Dalle camere del nostro hotel possiamo godere uno straordinario tramonto sul Mar Egeo. Cena e... preparazione per l’ultimo giorno.

8 - Mercoledì, 9 maggio dopo colazione partiamo per Smirne, l’ultima visita in Turchia; Paolo Pelizzari come sempre, ci ricorda la lunga presenza di San Giovanni Evangelista a Efeso e le lettere scritte alle sette chiese dell’Apocalisse: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea; nella lettera alla Chiesa di Laodicea per esempio Giovanni richiama il pastore che è tiepido e manca di entusiasmo a ritrovare la tensione spirituale; Gesù è la roccia su cui deve radicarsi la fede. Paolo presenta poi San Policarpo vescovo di Smirne, grande figura delle prime generazioni cristiane; discepolo dell’apostolo Giovanni, fu da lui nominato vescovo di Smirne, dopo intenso apostolato nella sua città a Roma e nell’Asia Minore morì martire.

E nella Cattedrale di Smirne chiudiamo il nostro pellegrinaggio con la Santa Messa nel ricordo di San Policarpo e con le accorate parole dell’Arcivescovo della Città che ricordandoci il viaggio di Papa Giovanni Paolo II, sottolinea le difficoltà della presenza dei cattolici al di là delle apparenze: la sua Diocesi ha 3 milioni di abitanti e 7 sacerdoti. Questa messa chiude il nostro percorso di fede e di preghiera. Sono stati giorni intensi e proficui per noi; il contatto con questa splendida terra e con la parola di Paolo è stato un grande arricchimento per tutti e uno stimolo a rivisitare gli scritti di San Paolo. Possiamo dimenticare gli occhi dolcissimi delle due suore di Konia e la parole dell’Arcivescovo di Smirne? Ecco il messaggio di San Paolo: nella loro opera, io ho visto San Paolo. Dopo i saluti e una breve visita al centro storico della città, ci avviamo all’aeroporto; salutiamo affettuosamente Rosa, la guida turca che ci ha con grande competenza accompagnati in questi otto giorni, e poi in anticipo sull’orario decolliamo per Bergamo dove arriviamo puntualmente. Alle 17.30 siamo tutti a Verolanuova.

 Professor Alberto Rossini