Le Memorie Angelino dell'Angelo


Servizio Speciale in ricordo del M° Cav. Arnaldo Bambini
Organista e Musicista nel 50° anniversatio della morte

Premessa

Un maestro di note paradisiache
di Egidio Bonomi

In memoria di Arnaldo Bambini
di Rino Bonera

Ispirato all'inserto allegato a "L'Angelo di Verola" n. 12 - dicembre 2003 - anno XXVIII

maestro Bambini

Premessa

Sono trascorsi cinquant’anni da quando il M° Cav. Arnaldo Bambini ci ha lasciato. Era il 2 dicembre 1953. Organista a Verolanuova a seguito di concorso nel 1907 (l’ultimo svoltosi per assegnare un tale incarico) rimase a Verolanuova per il resto della sua vita dedicandosi al lavoro ed alla sua arte soprattutto.

Ma, volentieri, lasciamo la parola allo scrittore e giornalista Egidio Bonomi che, in occasione del 40° anniversario della morte scrisse, sul "Giornale di Brescia" del 23 ottobre 1993, l’articolo che ora riproponiamo alla vostra lettura. É un poco biografia ma è anche doveroso indovinato omaggio all’artista ricordato, proprio lo stesso 23 ottobre, nella Chiesa di Cadignano con un concerto dell’organista Ma Monica Cipani. Quella sera erano presenti la nuora del Maestro sig. ra Nilde Marelli, i figli, altri parenti, un folto stuolo di amici ed un attentissimo pubblico che avevano gremito la Chiesa.

Pubblichiamo, inoltre, l’applaudita testimonianza pronunciata la stessa sera da Rino Bonera in omaggio al Maestro scomparso.

"L’Angelo di Verola" vuole ricordare questo illustre concittadino nel cinquantesimo anniversario della sua scomparsa ed al quale, poco prima di morire era stata conferita dall’Amministrazione Comunale allora in carica la prima medaglia d’oro "Città di Verolanuova".

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Un maestro di note paradisiache

di Egidio Bonomi

Dal "Giornale di Brescia" del 23 Ottobre 1993 in occasione del 40° della morte del maestro

organo

Note come acqua di cielo, lenti passaggi di carezze, o ancora, luce che crepita, voli d’azzurro... Immagini... Sorgono se si accosta alla musica d’organo di Arnaldo Bambini, compositore geniale, eclettico, improvvisatore come pochi, bresciano d’adozione, essendo rimasto per 46 anni a Verolanuova, sua città per scelta precisa, caparbia, mai abbandonata nemmeno di fronte ad offerte prestigiose. Arnaldo Bambini si spegneva a Verolanuova, 40 anni fa, il 2 dicembre del 1953. Aveva appena voltato le spalle ai 73 anni, essendo nato a Correggio (provincia di Reggio Emilia) il 16 settembre del 1880. E i verolesi non hanno dimenticato, nonpotevano dimenticare Arnaldo Bambini.

Non grandi celebrazioni, ma un concerto "in memoria del Maestro" nella chiesa di Cadignano di Verolanuova, proprio questa sera, sabato, alle ore 20.30. Alla consolle l’organista bresciana Monica Cipani che ha mosso i primi passi organistici con il compianto maestro Giampaolo Tonelli, figlio del maestro Giulio, allievo ed amico di Bambini e, dopo la sua scomparsa, custode amorevole delle sue musiche, della sua memoria. Monica Cipani si è poi diplomata al Conservatorio di Brescia in Organo e composizione organistica sotto la guida del maestro Franco Castelli.

Attualmente è organista presso il Duomo di Salò. Naturalmente saranno eseguite tutte musiche di Arnaldo Bambini, un programma consistente, d’effetto assicurato perché Bambini non è mai astruso. Dona ovviamente dissonanze moderne, fuori dai canoni classici, a volte con qualche piuma di fraseggio pucciniano. Vibra l’animo verso l’alto con note di fervida fantasia, genialità di soluzioni, registrazioni quasi più appetienti all’istinto musicale perfetto che frutto di furbo ragionare. Indubbiamente compositore del suo tempo, ma anche annunciatore di un futuro organistico che non vedrà grandi talenti come compositori.

Un rammarico: il concerto non avviene nel Duomo di Verolanuova. L’organo, mi si dice, è malandato. Senza incolpare nessuno, è un piccolo sgarbo al Maestro. Infatti proprio Arnaldo Bambini, nel 1914, in sintonia con l’allora prevosto, don Manfredi, progettò e fece realizzare la riforma dell’organo che da due manuali con 27 registri, fu portato a tre manuali con 40 registri reali e ripieno a 12 file. Allo strumento, di fonica impeccabile, il Maestro continuò ad apportare amorevoli migliorie. Un modo per rendere vero omaggio a Bambini sarebbe quello di riportare lo strumento al brillio di un tempo.

Si era diplomato in pianoforte e organo presso il liceo musicale di Venezia, allievo del maestro Oreste Ravanello, altro compositore organistico ben conosciuto, e di Manno Wolf Ferrari, musicista notissimo e a quel tempo direttore del Conservatorio veneziano. Proprio Ferrari amava sentire l’allievo Bambini improvvisare sullo strumento virtù che possedeva come pochi, frutto di un genio interiore, dono che riservava agli altri perché ne godessero a larghe sorsate. Terminati gli studi Bambini è già richiesto come organista. Nel 1906 è per sei mesi all’organo del Salone dei concerti dell’Esposizione di Milano, anche qui ammirato oltre misura per le improvvisazioni su temi dati al momento.

Nel 1907 vince il concorso come organista della parrocchiale di Verolanuova, un passo così importante al punto che dalla placida città della Bassa non si sposterà più per quante lusinghe e proposte gli verranno. Infatti gli furono offerti, via via, gli organi di Sant’Alessandro a Milano, delle cattedrali di Ravenna, Mantova, Modena, Messina. Il suo prestigio si dilatò comunque in tutta Italia tanto che sono più di 80 i concerti tenuti per collaudi d’organo a Verona, Brescia, Cremona, Modena, nella stessa Messina, Genova, Firenze per citare i più importanti. La sua produzione spazia per tutti i generi: fuga, corali con variazione, 15 pezzi menzionati con lode al Concorso Bertarelli di Milano, otto pezzi di lirica sacra, 10 da concerto ristampati in terza edizione, alcuni dei quali figurano in edizioni di Dresda e di Londra.

Negli ultimi anni, nonostante le precarie condizioni di salute, ultimò due raccolte di musiche con prefazioni del maestro Margola (altro grande compositore bresciano, prodigo di sincera ammirazione). Si cimentò anche con composizioni per pianoforte, madrigali e messe da requiem a quattro, sei ed otto voci, la testimonianza orale di questa sera è affidata a Rino Bonera, verolese doc che ha conosciuto da vicino Arnaldo Bambini.

Personalmente ho un amore musicale per due brani, brevi, opposti per ispirazione: una Berceuse natalizia, dominata nella parte centrale da una nenia dolce, unica, fuori da qualsiasi attesa del genere, e da un Improvviso, tuttora modernissimo nelle dissonanze irruenti, con ripieno esaltato da cinque note alla mano destra, più la mano sinistra ed il basso a dare corposità immensa al suono.

Un’avvisaglia di Paradiso?...

Egidio Bonomi

Dal "Giornale di Brescia" del 23 Ottobre 1993
in occasione del 40° della morte del maestro

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In memoria del m° Cav. Arnaldo Bambini

di Rino Bonera

Discorso pronunciato al termine del concerto commemorativo del m° Bambini in occasione del 40° della morte, tenuto in Cadignano di Verolanuova il 23 Ottobre 1993 dall'organista Mª  Monica Cipani.

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Da questo posto che, non lo nascondo, m’incute timore, rivolgo il più rispettoso saluto alla nuora del M° Arnaldo Bambini, sig.ra Nilde Marelli, ai suoi figli e da tutti i familiari qui presenti.

Ritengo doverose, innanzitutto, alcune precisazioni.

In primo luogo: non sono un musicista e tanto meno un esperto di musica e se, in questa circostanza, prendo la parola lo devo all’insistenza di alcuni vecchi amici.

A loro, a suo tempo, ho pur fatto presente 1’ inadeguatezza della mia preparazione, i limiti della mia capacità di celebrare degnamente la scadenza dei quarant’anni dalla morte del M° Arnaldo Bambini; così come ho sostenuto che povere sarebbero state, comunque, le mie parole per ricordare così grande figura.

Ho voluto precisare tutto ciò anche qui perché non vada deluso chi potrebbe aspettarsi un’analisi critica dell’opera o dell’arte del Maestro commemorato. La mia sarà, invece, una semplice ma affettuosa testimonianza: quella di un verolese che ha avuto la possibilità di contatti con il Maestro in gran parte dell’arco della di lui esistenza; né nascondo l’emozione dei ricordi e l’onore e la fortuna provati per gli incontri con lui avuti in più d’un’ occasione.

Mi affido, pertanto, alla vostra comprensione e alla vostra magnanima benevolenza auspicando il vostro paziente ascolto al quale, per altro, non intendo sottoporvi a lungo.

Mi sia consentito, allora, un primo ricordo personale che rivela di quanta paziente affabilità fosse ricco il Maestro nei riguardi dei fanciulli. Sul finire degli anni venti - frequentavo la quarta classe elementare - ebbi il mio primo impatto con lui. Gli insegnanti erano alla ricerca delle voci più adatte per la messa in scena della operetta "Sofronia" che, poi, sarebbe stata rappresentata nel nostro Teatro Comunale, allora ancora agibile in Piazza Vittorio Emanuele (ora Piazza della Libertà). Tutti gli scolari, dico tutti, uno per uno, non so in quanti pomeriggi, furono ascoltati dal Maestro che sedeva al pianoforte. Provò anche me. Alla fine scosse la testa e Sofronia la godei ritrovandomi tra gli spettatori. Fu bocciata, dunque la mia ancora oggi infelice voce che il buon don Benedetto Galignani (i verolesi lo ricordano bene), bontà sua, si rassegnò, credo, ad accettare per fare gruppo quando mi incluse tra i ragazzi della corale parrocchiale. Al momento delle esecuzioni ci si ritrovava, poi, in cantoria, alla destra della consolle davanti alla quale il Maestro sedeva. Temendo d’essere riconosciuto, ma era certo vano timore il mio, volli rimanere sempre tra i più lontani da lui.

Fui per poco tra i cantori; ma lo ricordo presente, molto spesso, anche alle prove della "Schola Cantorum" quando, specialmente, si trattava di imparare nuovi canti ai quali don Benedetto ci andava preparando. "Questa sera viene il Maestro" ci preavvertivano e si sapeva che non si doveva mancare e che le prove sarebbero state più impegnative. Ed era un timore riverenziale quello che ciascuno provava per il Maestro la cui figura d’artista era già nota e conosciuta ben oltre i confini di Verolanuova e si avvertiva, in quelle sue presenze, una disponibilità che ci onorava e della quale eravamo fieri.

Si concluse presto anche la mia militanza nella "Schola Cantorum". Ma il fascino di quella persona, china sull’organo, con quelle mani che sicuramente andavano in cerca del divino su quei tasti nei quali le dita a volte s’affondavano e talora si trasformavano in dolci carezze, ebbene, quest’immagine non mi ha più abbandonato ed è ancora viva e profonda nel mio ricordo e nello spirito.

Signorile nel tratto, assai cortese sempre con i suoi interlocutori, mai ebbe atteggiamenti che ostentassero 1’ orgogliosa consapevolezza del genio che era in lui e, meno ancora, gesti in cerca di piedistallo. Non ne aveva bisogno.

La sua fama era, ormai, consolidata in Italia e all’estero e Verolanuova era diventata, forse, l’oasi che gli era indispensabile per cogliere tutte quelle ispirazioni da immortalare nel pentagramma. Come a non pochi verolesi, anche a me è stato possibile ascoltare e vivere, forse inconsapevolmente, qualcuno dei suoi momenti creativi. Almeno lo suppongo. E credo sia stato quando, talora a notte inoltrata, passando sotto le finestre della sua abitazione (collocata al di sopra dell’ufficio postale che allora aveva sede sull’angolo che da Piazza Malvestiti conduce in via Castello) lo si poteva udire al pianoforte, sicuramente coinvolto in una composizione che gli urgeva dentro ed in cerca di quella alta espressione che solamente il suo estro avrebbe consentito di tramutarsi in note musicali quali poetici versi.

Alta poesia, sicuramente e, come tale, di non facile lettura. Eppure si rimaneva ad ascoltarlo con davanti, almeno per me, come la figura di uno scultore alle prese con la statua cui affidare, con l’alito vivificante, il messaggio da trasmettere ai posteri.

Ma se casuali, e rari, erano questi incontri notturni col Maestro, certamente ignaro che nel buio ci fosse qualcuno all’ascolto, non erano poi così pochi i verolesi che, finita la messa cantata domenicale, invece di lasciare la prepositurale, riprendevano posto nei banchi quando egli si tratteneva all’organo per dare libera voce ad una forse inattesa repentina ispirazione.

Quante volte ci godemmo fino in fondo quelle note spesso impetuosamente o delicatamente solenni che, nel silenzio del tempio, risuonavano quale cantico francescano esaltante Creatore e creature.

Io credo (e mi sia consentito riprendere quanto, in parte, ebbi a scrivere già in occasione del 30° anniversario della morte), io credo che quelle - dopo le messe cantate- "siano state le musiche più belle ch’egli mai scrisse e che nella immediatezza delle mani erano espressioni di sentimenti che si tramutavano in deliziosissime fughe o sublimi melodie eseguite, direi, sottovoce oppure nel dominio dell’organo che pareva non bastare, in tutta la sua grande potenza, per esprimere quanto dentro sembrava tentare di travolgerlo e c’era da chiedersi come potesse, da quell’esile figura dal nobile e quasi fragile aspetto, dal tratto signorile delicato e dallo sguardo eloquente e penetrante, sprigionarsi tanta maestosa energia ch’egli, poi, sapeva trasfondere in quell’organo al quale pareva confidare i suoi intimi misteriosi segreti".

Ero giovanissimo studente a Cremona quando, un giorno, tornando dalla città, lo incontrai in treno e facemmo il breve viaggio insieme. Si interessò ai miei studi e mi disse che era di ritorno da Messina dove era stato a collaudare ed a tenere un concerto all’organo della Cattedrale di quella città.

E qui lascio alla cronaca 1’ elenco delle decine di collaudi operati e concerti tenuti agli organi dei più famosi templi di innumerevoli città italiane e straniere. Lascio all’esperto l’analisi critica delle sue composizioni che soltanto in ultima parte diede alla stampa e delle quali alcune figurano in edizioni di Lione, Dresda e Londra.

E grossa lacuna sarebbe non ricordare le decine dei concerti campanari da lui collaudati, compreso quello meraviglioso di Verolanuova. Grande riconoscenza, poi, noi verolesi gli dovremo sempre perché con ferma volontà, con l’autorità che gli proveniva dal prestigio d’illustre e noto artista, e con la determinazione dell’allora prevosto mons. Mazzardi, egli riuscì a salvarlo dalla requisizione ordinata nel 1941 per essere fuso e per fare, delle nostre campane, sinistri strumenti di morte per la guerra in corso.

Poi col passare degli anni ed a guerra terminata più frequenti furono per me le occasioni per incontrarlo allorché divenni sindaco. Sapevo d’interpretare con la mia stima, la mia ammirazione per il Maestro quelle di tutti i verolesi, a lui tanto riconoscenti per il bene operato nella nostra comunità quale segretario del nosocomio locale e soprattutto per i suoi meriti artistici. Proprio per questi, l’amministrazione comunale da me presieduta, gli conferì la prima medaglia d’oro "Città di Verolanuova". Così recitava, tra l’altro, la deliberazione del Consiglio Comunale del 23 marzo 1 953: "...Per il valore insigne dell’artista ammirato ed invidiato per le sue composizioni da critici ed artisti nazionali e stranieri, noto ai suoi concittadini per la sua innata modestia, per la sua cordialità e per le incantevoli improvvisazioni all’organo della nostra Cattedrale...".

Con la medaglia fu consegnata al Maestro una pergamena. Questa la dedica, stilata dall’ illustre concittadino prof. Antonio Barbiani, allora consigliere comunale e intimo amico del festeggiato:

"Al Maestro / Arnaldo Bambini / Cavaliere di S. Gregorio Magno / Membro dell’Ateneo di Brescia / musicista insigne / che solleva la maestria della tecnica / con l’ala potente dell’ingegno creatore / ispirato / dalla severa tradizione classica / e dal mirabile estro improvviso / il popolo di Verolanuova / offre questa medaglia / segno di ammirazione unanime / per l’artista / e di riverente affetto per l’uomo / che nell’ombra di una vita schiva / e modesta / irradia con l’esempio e con l’opera / tanta luce d’intelletto di cuore / e religiosa fede".

La consegna avvenne il 10 maggio 1953. Ma il Maestro era già assai sofferente. La morte, sette mesi dopo: il 2 dicembre.

A me, che un’indisposizione aveva negato il piacere e l’onore di consegnare personalmente medaglia e pergamena, toccò il triste incarico di pronunciare l’estremo saluto il giorno del funerale avvenuto la mattina del 5 dicembre.

Un pensiero soltanto mi sia consentito citare tra quelli da me espressi in quella dolorosa circostanza: "...La morte l’ha colpito ed il silenzio è soltanto fuori di lui mentre sul suo volto è rimasto il sorriso della modestia e dell’onestà, mentre ancora le sue mani immobili ci sembra debbano dar vita a meravigliose improvvisazioni, eseguire concerti o eternare con scritti in classiche composizioni tutta la sensibilità della sua anima, la spiritualità dei suoi cristiani sentimenti che si manifestavano anche sulle tastiere dell’organo della nostra prepositurale e diventato un po’ il suo organo come sua era diventata ormai Verolanuova". E concludevo rivolgendogli l’addio "con un muto applauso" nel quale c’era "la nostra preghiera, il nostro affetto, la nostra riconoscenza, tutto il nostro dolore, tutto il nostro nascosto pianto". Forse inconsapevolmente, non so, questa sera, ascoltando la sua musica, qui abbiamo pregato, qui si è rinnovato il nostro tutto non sopito dolore, qui abbiamo avvertito quanto vivo sia ancora il nostro affetto per lui; qui i nostri applausi alla bravissima e convincente concertista sono stati anche l’espressione della calorosa riconoscenza al Maestro il quale, ancora una volta, ha saputo elevare il nostro spirito e ci ha parlato.

Il M° Arnaldo Bambini questa sera, infatti, ci ha parlato. Lo ha fatto in questa chiesa, ma non era e non è la sua chiesa; lo ha fatto da questo degnissimo organo ma non era e non è il suo organo; e ci ha parlato non dalle stesse tastiere dalle quali lo abbiamo sentito suonare per tanti lunghi anni.

Mentre noi siamo qui c’è il buio fuori e dentro il suo organo; e c’è il silenzio.

In Basilica, a Verolanuova, nei giorni scorsi ho voluto ascoltare questo silenzio. Quasi smarrito, ho provato freddo nell’anima ed ho avuto paura: del mio tacere, del tacere di voci che potrebbero ridare e non danno voce e piena vita a quell’organo, uno dei migliori della provincia e patrimonio comune dei verolesi. Forse, sognando? (ma quanto vorrei che il sogno diventasse realtà) ho accarezzato la visione d’un prossimo restauro e, così, ho rivisto il volto del Maestro. Aveva il sorriso della speranza.

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